"Caso Pierfelici": Garanti bocciano ricorso della maggioranza su conoscibilità verbali
Un caso del tutto “anomalo”; come riconosciuto – in un passaggio - dagli stessi membri del Collegio Garante, che hanno deciso per l'inammissibilità, pur mettendo nero su bianco alcuni principi che – in teoria – potrebbero assumere un peso rilevante in vicende future. Il ricorso, per conflitti tra organi costituzionali, era stato presentato da 32 consiglieri di maggioranza, e successivamente – dopo una dichiarazione di irricevibilità – integrato dai Capigruppo delle Forze politiche al governo, ed ammesso con riserva. I fatti, ormai noti – si trattava del cosiddetto “caso Pierfelici” -, originarono un aspro confronto politico. Nella seduta consiliare del 15 novembre scorso era stata indetta una votazione per decidere se autorizzare la trasmissione, all'Avvocatura dello Stato, dei verbali delle sedute della Commissione Giustizia del 30 ottobre e del 22 novembre 2017. Cosa che effettivamente avvenne, ma i parlamentari votarono senza conoscere il contenuto dei documenti; e questo avrebbe “menomato il loro potere di consiglieri, violando la costituzione”. E qui vi è un primo punto importante da sottolineare, nelle motivazioni; perché i Garanti, testualmente, affermano che “i membri del Consiglio, prima di votare”, hanno “l'obbligo di avere conoscenza di ciò che costituisce l'oggetto della votazione”. Una risposta indiretta – a quanto pare – alle Forze di minoranza, che avevano parlato di documenti coperti da “segreto istruttorio”. Ciò che ha portato al giudizio di inammissibilità, tuttavia, è stata la non corretta individuazione del “soggetto passivo”. Il ricorso era infatti rivolto contro l'Ufficio di Presidenza e il Consiglio Grande e Generale. Il primo organismo – hanno sottolineato i saggi – ha il compito di predisporre l'odg delle sessioni consiliari; per cui la votazione, con la quale non consentì la preventiva visione dei verbali, ai membri del parlamento, “esorbita dalle sue competenze” ed è “irrilevante”. Anche in questo caso, insomma, il Collegio esprime un punto di vista che potrebbe “fare giurisprudenza”. Altrettanto erroneo, comunque, nel caso di specie, secondo i Garanti, indirizzare il ricorso nei confronti del Consiglio; e questo al netto del fatto apparentemente paradossale di “un organo che mediante la sua maggioranza ricorre contro se stesso”. Nell'occasione, infatti, fu la Reggenza a sottoporre a votazione la richiesta di prendere visione dei verbali; e lo fece sotto forma di proposta di modifica dell'ordine del giorno, con la conseguente necessità – non realizzata - di una maggioranza qualificata dei 2/3. In seguito indisse ugualmente la votazione sulla trasmissione dei documenti, senza che i consiglieri – a quel punto – fossero a conoscenza del loro contenuto. “La responsabilità del conflitto – conclude allora il Collegio – è riferibile alla Presidenza dell'Assemblea consiliare”. Difficile, tuttavia, ipotizzare un nuovo ricorso della Maggioranza nei confronti dei Capi di Stato. Importante, infine, in prospettiva futura, anche il fatto che sia stata dichiarata l'insussistenza dell'eccezione, avanzata dai legali dell'Ufficio di Presidenza, circa una presunta illegittimità della costituzione del Collegio Garante, nella sua attuale composizione. Oggi, intanto, nuova riunione della Commissione Giustizia, in vista del Consiglio Giudiziario Plenario convocato per domani.
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