Le recenti vicende riguardanti un membro del Consiglio Grande e Generale mi inducono a svolgere una serie di considerazioni sul momento difficile che sta vivendo la nostra amata Repubblica. Cercherò – nei limiti delle mie modeste capacità – di poter svolgere una riflessione senza scadere nella gratuita polemica politica o, peggio, senza prestare il fianco ad alcune farneticanti posizioni pubbliche sentite in questi giorni tramite comunicati ufficiali. Anche perché il gioco di dividersi tra “innocentisti” e “colpevolisti” non solo non tiene ma, anzi, viene letteralmente superato da un punto imprescindibile: la responsabilità che chi ricopre incarichi istituzionali deve sempre rispettare scrupolosamente osservare a prescindere dalle convenienze politiche o per stemperare i possibili imbarazzi del proprio Partito. La gravità della crisi economica che sta vivendo il nostro Stato corre purtroppo parallelamente ad un’altra emergenza di estrema attualità: la crisi della politica e della società. Il Cardinale Dionigi Tettamanzi ha svolto, tempo fa, una riflessione memorabile centrata su un richiamo molto forte alla politica della necessità che questo mondo assuma in sé il valore della“sobrietà”. Nella sua lettera, “La sobrietà dimenticata”, rivolgendosi agli amministratori della Brianza aveva - in modo provocatorio e con parole vibranti - parlato della sobrietà dei politici e degli amministratori, quale unico antidoto al bisogno di esserci, di comparire, al rischio dello spreco di parole, al bisogno di dichiararsi, in qualsiasi occasione e su qualsiasi argomento. Sempre in quell’occasione aveva poi parlato della sobrietà nell’esercizio del potere, in alternativa al cumulo delle cariche; del potere che si ritiene di avere una volta per sempre, dell’occupazione di posti, del rischio di “fare troppo e male”. Tettamanzi aveva infine sottolineato – in maniera ineccepibile - il valore della sobrietà nello stile di vita, ponendo l’accento sull’importanza della naturalezza ed essenzialità, per rendere credibile il rapporto con la gente come condizione per entrare in relazione di ascolto e di comprensione con i cittadini della singola comunità locale. Oggi questa lucida riflessione è attuale e strettamente collegata con il tema della “questione morale in politica” che riguarda direttamente anche il nostro paese. Una questione che nasce da un preciso modello, quello di un uso spregiudicato del potere e da un difetto di una reale moralità della politica innanzi tutto dei singoli. Non basta introdurre “nuove regole” o leggi per affrontare concretamente il problema. C’è bisogno invece di formazione e di un avvicinamento sincero alla politica: è questo il vero percorso per colmare quel bisogno di un grande e giusto ricambio delle classi dirigenti. Sarebbe forse questo il punto su cui varrebbe la pena di riflettere, partendo anche da un’analisi rigorosa e ragionevole su quanto accaduto in questi giorni. Senza farsi prendere da ipocriti moralismi, senza indugiare nell’allestimento di improbabili – quanto imbarazzanti! – difese e soprattutto senza esternare sciocchezze.
Cesare Antonio Gasperoni
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