Gianni Rodari amava raccontare ai bambini storie senza finale, che essi stessi dovevano sviluppare e concludere. Egli diceva che occorre partire dal bambino per educare l’uomo e non scordarsi mai che quel bambino va considerato come individuo pensante, allenando in lui la capacità critica, il pensiero libero.
Ho letto l’interessante articolo “Non può essere il “Paese sbagliato” di sul quotidiano la Tribuna di domenica 14 settembre, in cui si argomenta l’importanza della scuola nel percorso formativo e di crescita dell’individuo. Come non essere d’accordo con questa visione: la conoscenza rende persone consapevoli, in grado di scegliere tra giusto e non giusto, favorisce l’approfondimento del mondo e della realtà in cui il giovane è immerso, è ambito sociale di primaria importanza ed introduce alla società ed alle sue regole.
Un punto però, in questo articolo, mi ha fatto nascere alcune perplessità. Quello in cui l’estensore dello stesso si interroga sulla scelta dell’educatore, se cioè non sia giusto che la famiglia venga messa nelle condizioni di scegliere il maestro che più si avvicina alla sua visione di mondo e per estensione, di società.
Personalmente credo che uno Stato debba fornire alle sue giovani generazioni un contesto educativo aperto, critico, apolitico, aconfessionale: debba cioè generare le conoscenze necessarie, in modo più equo possibile, fornire le chiavi di lettura concrete e chiare ai suoi studenti, per attrezzarli alle capacità critiche e di approccio originale al mondo in cui da adulti, si troveranno ad interpretare il proprio futuro ed a scriverne le regole.
I bambini ed i ragazzi provengono da un ambito educativo disegnato con originalità dalle famiglie di provenienza. Questi tratti educativi specifici siano essi morali, religiosi, ecc, appartengono, giustamente, ad ogni nucleo familiare in questo ambito la società non deve interferire se non laddove vi siano disagi, mancanza di cura filiale o rischi seri per i componenti della stessa.
Fuori da questo contesto, nello specifico la scuola, è opportuno che non vi siano disegni sociali di parte. La scuola non può, non deve avere nessun colore; e questa non è asetticità dell’educazione: si tratta di rispetto della società che la esprime, di rappresentare quest’ultima in ogni sua dimensione e in ogni sua declinazione, di fornire gli elementi conoscitivi che consentano ai giovani di compenetrare con criticità la dimensione sociale in cui sono immersi, di rendere libero il loro pensiero che li renderà individui liberi e non facilmente assoggettabili da teorie sociali bizzarre, visioni distorte della fede.
Questa condizione di equità educativa costruirà menti libere, consapevoli delle scelte di vita; saranno individui pensanti e critici, in grado di disegnare il loro futuro con positività e senza remore, sapendo di essere liberi di scegliere anche la sfera spirituale che maggiormente si avvicina alla loro indole e alla loro visone del mondo, perché ne avranno sondato la conoscenza, in un contesto educativo chiaro e non di parte.
E’ una grande scommessa, quella di consolidare sempre di più una scuola pubblica, apartitica e aconfessionale, perché un futuro gestito da educatori che disegnano una parte di mondo e solo quella, potranno essere bravissimi professionisti, ma peccheranno di parzialità, non consentendo ai giovani di sondare criticamente ed in profondità il mondo, in quanto solo poche dimensioni di esso vengono presentati loro.
Ho frequentato, tantissimi anni fa, una scuola privata, gestita da religiose: il LORO mondo, per come mi è stato rappresentato, quello che avrei dovuto conoscere per diventare un adulto consapevole, finiva al portone di uscita della loro scuola…
Ho letto l’interessante articolo “Non può essere il “Paese sbagliato” di sul quotidiano la Tribuna di domenica 14 settembre, in cui si argomenta l’importanza della scuola nel percorso formativo e di crescita dell’individuo. Come non essere d’accordo con questa visione: la conoscenza rende persone consapevoli, in grado di scegliere tra giusto e non giusto, favorisce l’approfondimento del mondo e della realtà in cui il giovane è immerso, è ambito sociale di primaria importanza ed introduce alla società ed alle sue regole.
Un punto però, in questo articolo, mi ha fatto nascere alcune perplessità. Quello in cui l’estensore dello stesso si interroga sulla scelta dell’educatore, se cioè non sia giusto che la famiglia venga messa nelle condizioni di scegliere il maestro che più si avvicina alla sua visione di mondo e per estensione, di società.
Personalmente credo che uno Stato debba fornire alle sue giovani generazioni un contesto educativo aperto, critico, apolitico, aconfessionale: debba cioè generare le conoscenze necessarie, in modo più equo possibile, fornire le chiavi di lettura concrete e chiare ai suoi studenti, per attrezzarli alle capacità critiche e di approccio originale al mondo in cui da adulti, si troveranno ad interpretare il proprio futuro ed a scriverne le regole.
I bambini ed i ragazzi provengono da un ambito educativo disegnato con originalità dalle famiglie di provenienza. Questi tratti educativi specifici siano essi morali, religiosi, ecc, appartengono, giustamente, ad ogni nucleo familiare in questo ambito la società non deve interferire se non laddove vi siano disagi, mancanza di cura filiale o rischi seri per i componenti della stessa.
Fuori da questo contesto, nello specifico la scuola, è opportuno che non vi siano disegni sociali di parte. La scuola non può, non deve avere nessun colore; e questa non è asetticità dell’educazione: si tratta di rispetto della società che la esprime, di rappresentare quest’ultima in ogni sua dimensione e in ogni sua declinazione, di fornire gli elementi conoscitivi che consentano ai giovani di compenetrare con criticità la dimensione sociale in cui sono immersi, di rendere libero il loro pensiero che li renderà individui liberi e non facilmente assoggettabili da teorie sociali bizzarre, visioni distorte della fede.
Questa condizione di equità educativa costruirà menti libere, consapevoli delle scelte di vita; saranno individui pensanti e critici, in grado di disegnare il loro futuro con positività e senza remore, sapendo di essere liberi di scegliere anche la sfera spirituale che maggiormente si avvicina alla loro indole e alla loro visone del mondo, perché ne avranno sondato la conoscenza, in un contesto educativo chiaro e non di parte.
E’ una grande scommessa, quella di consolidare sempre di più una scuola pubblica, apartitica e aconfessionale, perché un futuro gestito da educatori che disegnano una parte di mondo e solo quella, potranno essere bravissimi professionisti, ma peccheranno di parzialità, non consentendo ai giovani di sondare criticamente ed in profondità il mondo, in quanto solo poche dimensioni di esso vengono presentati loro.
Ho frequentato, tantissimi anni fa, una scuola privata, gestita da religiose: il LORO mondo, per come mi è stato rappresentato, quello che avrei dovuto conoscere per diventare un adulto consapevole, finiva al portone di uscita della loro scuola…
Riproduzione riservata ©