Ultimo passaggio in Aula per la riforma fiscale e, come era prevedibile, sarà un confronto fiume. 51 le richieste di parola. Il Segretario di Stato per le Finanze porta in Aula un testo condiviso da Anis e Csu e attacca frontalmente l'opposizione. E' falso dire che non c'è stato confronto, afferma Felici. La verità è che non ci è voluti mettere in campo in un provvedimento impopolare. La riforma più importante della legislatura non vuole fare cassa, ripete, ma raggiungere un sistema moderno di imposizione sui redditi. Il decreto che attiverà il rilevamento con la Smac è già stato presentato ai sindacati ed è oggetto di confronto in maggioranza: il termine proposto è di sei mesi. Diversi gli strumenti di accertamento dell'ufficio tributario, si cambierà segno nel rapporto tra fiscalità e contribuenti. L'obbligo di dichiarare le proprietà all'estero, per le imprese medie la contabilità di magazzino, la possibilità di acquisire dati sulla capacità di spesa e l'attivazione di procedure per accesso ai conti correnti, sottolinea Felici, sono tutt'altro che banalità. Inaccettabile il teorema che il confronto con c'è stato per colpa della minoranza, replicano le opposizioni. Non è vero che vogliamo evitare la riforma tributaria, sottolineano. Semplicemente non vogliamo la riforma proposta dal governo che è un semplice aggiustamento fiscale per racimolare entrate sulle spalle dei redditi certi. La legge è stata presentata in prima lettura in luglio e la prima richiesta di incontro con le opposizioni è arrivata il 6 novembre, una settimana prima della Commissione finanze. Un testo blindato, sottolinea la relazione di minoranza, dall'accordo più o meno esplicito raggiunto con la Csu sulla base di pochissime, irrilevanti modifiche introdotte tra la prima e la seconda lettura. Tanto rumore per nulla, sottolinea l'opposizione, dal momento che porterà nelle casse dell'erario 3 milioni 400mila euro in più. La maggioranza, insieme a chi ha di fatto accettato le sue scelte, si prende la totale responsabilità di una riforma iniqua e senza controlli anti-evasione. E c'è anche chi ipotizza che non tutti i consiglieri di Bene Comune la voteranno. E dalle fila della maggioranza arrivano le perplessità di Denise Bronzetti. Questione di priorità, sottolinea. Prima della riforma fiscale dovevamo essere molto più decisi nella spending review, nel recupero della monofase non pagata e nei decreti sviluppo. La maggioranza insiste invece sul fatto che la legge è figlia di un lungo confronto, iniziato nel 2011. Definita una tassazione più sostenibile, introdotta una no-tax area regressiva sino alla soglia di 40mila euro a protezione delle fasce più deboli. Per i lavoratori autonomi e le imprese individuali si prevede a decorrere dall'esercizio fiscale 2018 l'uniformità con il sistema progressivo di base previsto per tutte le persone fisiche. Il maggior gettito assicurerà il superamento delle disposizioni straordinarie adottate nel corso degli ultimi anni. Una buona sintesi, è l'analisi. Un impianto che nel tempo deve sempre essere adattato all'evoluzione della società. Il confronto è diventato scontro tra il Segretario agli esteri e il capogruppo di Rete. Parla di sovvertimento dello Stato Pasquale Valentini, citando il volantino che convoca la manifestazione di venerdì in piazza e che, sottolinea, finisce con una minaccia. Siete parte del sistema parlamentare - dice a Rete, Civico 10 e Sinistra Unita che sostengono l'iniziativa - se dovete aizzare la piazza per le riforme vuol dire che lo scopo è quello di rovesciare la democrazia del Paese. Chi vuole insegnare agli altri la partecipazione deve insegnare a stare dentro gli strumenti che lo Stato si è dato, conclude Valentini, invitando l'Aula a prendere le distanze. Anche Roberto Ciavatta chiama in causa l'Aula consiliare ma per chiedere di censurare Valentini, accusato di una uscita “grave, inaccettabile e volgare”. Se crede davvero che qui si sovvertono le regole democratiche, afferma, vada in tribunale oppure chieda alla Reggenza di allontanarci dall'Aula. E su Valentini sono piovute critiche di irresponsabilità da tutte le forze politiche chiamate in causa.
Sonia Tura
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