Si dice che la notte porti consiglio, di certo non ha rasserenato gli animi della politica dopo la rissa sfiorata in Comma Comunicazioni, “una delle pagine più brutte degli ultimi anni” si lascia scappare un Consigliere di lunga data. Roberto Ciavatta e Jader Tosi vengono quasi alle mani tra i richiami della Reggenza ad un confronto rispettoso. E' la prima seduta presieduta dalla coppia Fiorini – Carattoni, che nel suo saluto invita a consolidare il rapporto di fiducia fra cittadini e istituzioni, e richiama ai valori morali, al senso di responsabilità e comune appartenenza al di là degli schieramenti politici. L'appello a un dibattito civile cade però nel vuoto. Lo scontro si consuma poco dopo. Durissimo l'attacco del consigliere di Rete che parla di un nuovo conto Mazzini, tira in ballo Dc e Ps che “per 20 anni – dice - hanno posto in tutti i ruoli di potere propri “discepoli”. I clan occupavano e gestivano il paese, dietro ai corrotti e le personcine di serie b, di secondo piano come tutto l’UPR e grandi pezzi di PS e PSD”. Parla di corruttori ancora a piede libero che hanno trovato nuovi corrotti. “Il Governo ha scelto la strada più semplice – accusa - è al fianco dei corruttori storici e questa fase terminerà con nuove inchieste”. Siamo tornati ai livelli del degrado di legalità del 2005, ma al posto dei corrotti oramai fuori dai giochi ci sono i loro eredi, i portaborse, le seconde file. Non si chiamano più Gabriele Gatti, Giovanni Lonfernini o Fiorenzo Stolfi, ma Simone Celli e Marco Podeschi. Sta solo a voi decidere – conclude - se stare dalla parte del sergente di polizia maltese che ieri, di fronte all’assassinio di una giornalista che denunciava la corruzione della moglie del premier , ha commentato con un laconico “ha avuto quello che si merita, sono contento”. Paragone che non viene digerito dalla maggioranza che lo giudica inopportuno. Si consuma lo scontro con Jader Tosi, che poi chiede scusa: “ho risposto in modo violento – spiega - dopo aver subito un attacco. Con questo modo di dibattere in Aula mi domando se ha senso rimanerci”. Dopo essere stato chiamato in causa, interviene anche Podeschi. Esordisce con la sentenza di Giovenale l’onestà è lodata da tutti ma pero muore di freddo. “Si lascia intendere – dice - che sono corrotto e corruttibile perché facevo parte delle seconde linee di Upr. “Sono stato sempre un gregario. Mai un leader, lo lascio a lei, Roberto Ciavatta”. Ricorda il prezzo politico altissimo pagato da Upr, il fallimento del progetto, compagni di partito e amici indagati e condannati, le battaglie successive, gli assalti della Dc. “Upr – aggiunge - è stata l' unica forza politica in cui i propri membri si sono dimessi volontariamente”. “Non sono perfetto. Né io né mia moglie con la quale – ammette - spesso non condivido le idee politiche, ma che è stata minacciata in ogni modo, disintegrata”. “Accetto – conclude - le grida dei correntisti Asset ma un po’ meno che un consigliere faccia illazioni sulla mia azione morale.” E conclude: ci sono anche poteri più forti di quelli economici”.
MF
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