Gian Marco Marcucci esce dal governo e sbatte la porta. Maggioranza sempre più sorda ai problemi reali del Paese, dice. Serve uno sforzo titanico per far uscire il Paese dalla crisi che lo attanaglia. Critiche durissime alla politica estera. Questa maggioranza ha fallito nell’obiettivo vero, sostanziale del suo programma. Assurdo pensare di avere un buon rapporto con l’Europa se non si ripristina quello con l’Italia. Marcucci ripercorre gli sforzi messi in campo dalla sua Segreteria e da conto di una situazione che resta molto difficile. Gli iscritti nelle liste di disoccupazione erano 1.929 al 31 gennaio scorso. Di questi 876 non occupati e 1.053 occupati a tempo determinato. 840 le aziende che nel triennio 2008-2010 hanno cessato l’attività. Ho voluto dare uno scossone alla politica, conclude Marcucci, e di questo mi assumo tutta la responsabilità. Ho dato le dimissioni con la speranza che si creino le condizioni per un cambiamento effettivo. Spero che la vecchia politica non abbia corso e finalmente si pensi al bene del Paese. Gli rende omaggio Claudio Felici. Marcucci ha compreso, prima di altri, la necessità del dialogo con l’opposizione. Ma, dice, queste dimissioni trasformano i rapporti politici interni perché con 30 a 28 basta un voto per non essere più maggioranza. Rispetto al dialogo aperto dal suo partito con il Patto Felici chiarisce che “prima di decidere la formazione bisogna stabilire a quale campionato si gioca”. Critico, sugli sviluppi politici possibili, il segretario del psrs. I colonnelli del Patto, sottolinea Simone Celli, dicevano “si governa in 30”. Per guidare il Paese, aggiunge, ci vuole affinità politica e programmatica ma, ancor di più, servono i risultati. E noi, sottolinea, non siamo interessati a giochi di potere. Per Alleanza Popolare la fuoriuscita degli Eps dal governo pone un problema con gli elettori. Si erano presentati in lista con la dc, ricorda Roberto Giorgetti, ed è un aspetto che non si può liquidare in maniera così spiccia. Secondo il capogruppo di ap Marcucci ha dato risposte importanti, varando tutele sociali che hanno resto meno traumatica la situazione. Giudizio negativo invece sulla lettura dell’evoluzione del mondo del lavoro. Carente, in sostanza, la visione prospettica. Del tutto diverso l’intervento di Francesco Mussoni, candidato alla Segreteria di Stato al lavoro. Il mio primo impegno, dice, sarà unire e non di dividere, chiedere aiuto e non di dare sentenze. Per Francesco Mussoni da questo Consiglio esce una maggioranza diversa e il Patto non deve chiudersi a riccio. I problemi vanno risolti cercando maggiore coesione con le forze sociali e gli imprenditori, ma anche con le principali forze politiche. Non dobbiamo, sottolinea, essere maggioranza per sempre. Lo siamo se risolviamo i problemi. E, accusa Ivan foschi, i problemi restano senza soluzione. Oggi, per il capogruppo di Sinistra Unita, c’è ancora chi non si rende conto di quanto è grave la situazione. Dopo due anni e mezzo senza risultati, dice ai colleghi di maggioranza, qualche domanda ve la dovete fare. Altrimenti è come se viaggiaste su un autobus senza vetri per ore, con l’autista che ogni tanto dice: tra poco siamo arrivati. Meglio, conclude, cambiare l’autista.
Sonia Tura
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