Discorso dell'Oratore Ufficiale
Illustri Autorità,
Gentili Ospiti,
Signore e Signori,
Sono molto lieta di essere a San Marino nella prima visita mai effettuata da un Direttore Esecutivo dell’UNICEF in questo Paese.
San Marino vanta il titolo di Repubblica più antica del mondo, con un’orgogliosa tradizione di democrazia risalente a oltre 750 anni fa, e per tale motivo il Vostro Paese è stato recentemente proclamato Patrimonio Universale dell’Umanità, riconoscimento per il quale desidero esprimere le più vive felicitazioni.
È un onore ed un privilegio eccezionale essere presente alla Cerimonia di Investitura dei nuovi Capitani Reggenti, S.E. Ernesto Benedettini e S.E. Assunta Meloni.
Ho avuto il piacere di incontrare due precedenti Capitani Reggenti, Mirco Tomassoni e Alberto Selva, in occasione della Loro partecipazione alla Sessione Speciale delle Nazioni Unite sull’Infanzia tenutasi a New York lo scorso dicembre.
San Marino è stato uno dei pochi Paesi ad essere rappresentato in tale consesso a livello di Capi di Stato e l’UNICEF si è sentita particolarmente onorata della Loro partecipazione.
San Marino è un forte sostenitore dell’UNICEF e della sua opera a favore dell’infanzia nel mondo.
Ho avuto modo di incontrare il Segretario di Stato per gli Affari Esteri, S.E. Fiorenzo Stolfi, in varie occasioni, una volta a Strasburgo e varie volte a New York, ed ho accettato con entusiasmo il Suo invito a partecipare all'odierna cerimonia.
Il Rappresentante Permanente di San Marino alle Nazioni Unite a New York, l’Ambasciatore Bodini, è un forte sostenitore dell’UNICEF e della sua opera a favore dei bambini nel mondo.
Nel 2007, l’Ambasciatore Bodini ha istituito il Premio per l’Infanzia San Marino - Fondazione Alexander Bodini, che è stato presentato dal Segretario di Stato Stolfi negli ultimi due anni a New York.
L’UNICEF, in quanto Agenzia per l’Infanzia delle Nazioni Unite, si è impegnata in tutto il mondo per oltre 60 anni al fine di migliorare la vita di coloro che si trovano in condizioni di bisogno. Per milioni di bambini nei Paesi in via di sviluppo avere di che mangiare, andare a scuola o poter bere un bicchiere d’acqua pulita sono desideri molto difficili da realizzare.
Quest’anno l'attenzione del mondo si è concentrata sull’aumento dei prezzi dei generi alimentari che ha causato fame, disordini e razionamenti in molte zone del mondo.
Tale aumento è stato determinato da una “tempesta perfetta” di fenomeni, tra i quali l’accresciuta domanda a livello globale, le sfavorevoli condizioni meteorologiche, l’alto costo dei carburanti e dei fertilizzanti, l’avvento dei biocarburanti ed altri fattori.
I problemi legati all’ambiente, quali i cambiamenti climatici su scala globale, la qualità e la disponibilità di acqua, si ripercuotono sulla produzione alimentare, ma sono anche causa di catastrofi naturali, di siccità, e intaccano, in definitiva, la qualità della vita.
I prezzi dei prodotti energetici, la povertà, la disuguaglianza di genere, le minacce pandemiche ed il terrorismo…la globalizzazione non è una previsione futura. È una realtà.
I problemi globali necessitano di soluzioni globali e di una risposta urgente e collettiva da parte nostra.
Riuniti qui, oggi, in questo bellissimo luogo, noi dobbiamo ricordare che abitiamo in un mondo in cui 2 miliardi di persone vivono con 2 dollari o meno al giorno.
Viviamo in un mondo in cui 9,2 milioni di bambini sotto i cinque anni muoiono ogni anno per cause che potrebbero essere facilmente prevenute.
Viviamo in un mondo in cui oltre 100 milioni di bambini in età scolare non hanno accesso all’istruzione.
E ancora, viviamo in un mondo in cui conflitti e ostilità negano alle persone sicurezza, mezzi di sostentamento ed istruzione.
Ogni minuto in cui avete ascoltato questo mio discorso sono morti nel mondo 18 bambini di età inferiore ai 5 anni.
Ogni minuto cinque persone contraggono il virus dell’HIV e almeno una di queste persone ha meno di 15 anni.
Durante i miei viaggi ho incontrato molte persone, i cui volti stanno dietro ai numeri.
Ho incontrato donne e bambini che in Africa meridionale muoiono di AIDS, e numerosi bambini rimasti orfani a causa dell’AIDS, che lottano per sopravvivere e sperano di ricevere un’istruzione.
A causa dell’AIDS, l'aspettativa di vita è precipitata da circa 65 anni a 40 anni in vari Paesi dell’Africa meridionale. In questi Paesi compiere 20 anni significa raggiungere la mezza età.
In Sri Lanka ho avuto modo di incontrare una famiglia formata da sette bambini, tutti sopravvissuti allo tsunami, ma senza genitori che invece, nella sciagura, avevano perso la vita.
In Pakistan, pochi giorni dopo il terremoto, ho fatto visita a bambini che avevano perso compagni e insegnanti nel crollo della loro scuola. Abbiamo assistito nuovamente a immagini simili, all’inizio di quest’anno, quando sulla Cina si è abbattuto il terremoto, una catastrofe avvenuta pochi giorni dopo il distruttivo ciclone che ha colpito il Myanmar.
Ho potuto vedere con i miei occhi l’impatto devastante dei conflitti.
Ho incontrato bambini i cui genitori erano stati uccisi nel genocidio in Ruanda. In Uganda settentrionale ho passato del tempo con bambini che erano stati prelevati dalle loro scuole o comunità ed erano stati costretti a combattere negli eserciti ribelli. Ho visitato la Repubblica Democratica del Congo, dove si stima che, dall'inizio delle ostilità nel 1998, siano morti 5,5 milioni di Congolesi.
Questa cifra supera gli abitanti di San Marino, Roma, Milano, Bologna e Firenze messi insieme.
Sempre nella Repubblica Democratica del Congo, ho incontrato le vittime di violenze sessuali, in una zona in cui lo stupro è utilizzato come arma di guerra.
Non dimenticherò mai una ragazzina di 12 anni, ne dimostrava però 9 o 10, che aveva subito una brutale aggressione da parte di 4 soldati, esperienza questa che si porterà dentro come una ferita per la tutta la vita.
Quando le chiesi qual era il suo sogno da grande, ella rispose con parole che non hanno bisogno di commenti: “Voglio fare la suora” mi disse.
All'inizio dell'anno ho visitato la Sierra Leone, un Paese martoriato da anni di conflitti interni. Forse avrete visto le immagini di questo conflitto nel film Blood Diamond – Diamante di Sangue o vi sarà capitato di leggere la storia del bambino soldato Ishmael Beah nel suo libro “Memorie di un bambino soldato”.
Durante la mia permanenza in quel Paese incontrai una giovane donna di nome Mariatu che era stata vittima di quel conflitto. All’età di 12 anni era stata catturata e stuprata e i violentatori le avevano amputato entrambe le mani. La sua storia continua ancora oggi. Non era mai stata a scuola, ma ora frequenta l’università in Canada e sta anche scrivendo un libro sulla sua esperienza.
Non siete obbligati a guardare negli occhi un bambino che muore di fame o una madre morente da accudire. Tuttavia, vi garantisco che quando lo si fa si cambia profondamente il proprio modo di vedere l’umanità. Se non si riesce a vedere il legame che esiste fra un bambino che soffre in qualunque parte del mondo e la propria sicurezza e futura prosperità, significa semplicemente che non si sta guardando con sufficiente impegno.
In un discorso del 1963 pronunciato di fronte all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il Presidente Kennedy dichiarò:
“L’impegno per migliorare le condizioni dell'uomo…non è compito di pochi.
È compito di tutte le Nazioni, agiscano esse da sole, in gruppo, all’interno delle Nazioni Unite…
Poiché malattie ed epidemie, saccheggi e inquinamento, catastrofi naturali e malnutrizione infantile sono mali di tutte le Nazioni.
Terra, mare e aria sono interesse di tutte le Nazioni. E scienza, tecnologia e istruzione possono essere alleate di tutte le Nazioni.”
Il mondo oggi è più interconnesso che mai.
Per fare un esempio di quanto il mondo sia incredibilmente cambiato, basta pensare che nel 1492 Cristoforo Colombo impiegò 70 giorni per raggiungere il Nuovo Mondo effettuando un viaggio di circa 4.000 miglia. Oggi un messaggio può compiere la medesima distanza alla velocità della luce, vale a dire circa 282 milioni di volte più velocemente della Santa Maria. Ciò significa, di fatto, che la Terra dei tempi di Colombo si è ristretta ad una dimensione relativa di poco più grande di una palla da golf.
La globalizzazione apporta anche grandi benefici, naturalmente.
Oggi, ad esempio, un bambino che ha accesso ad una connessione a internet in Africa può ricercare le medesime informazioni di un bambino che si trova in Europa o in America.
Ma è anche vero che nel mondo di oggi guerre, malattie e condizioni economiche attraversano i confini molto più velocemente che in passato.
Dobbiamo porci le seguenti domande:
Che cosa erediterà la prossima generazione?
Ci sarà cibo a sufficienza per sfamare la popolazione di un mondo in continuo aumento?
Vedremo il mondo unirsi per combattere i cambiamenti climatici?
I progressi tecnologici saranno in grado di produrre energia più pulita e meno costosa?
Le donne e le bambine continueranno ad essere vittime di violenze sessuali?
L’AIDS, la malaria e le altre malattie continueranno a mietere milioni di vittime?
Le risposte che daremo a queste domande determineranno il mondo delle future generazioni.
Recentemente ho letto il libro “We are All the Same” (“Siamo tutti uguali”) di Jim Wooten, che racconta la storia di Nkosi Johnson. Forse ricorderete chi è Nkosi.
Nacque in povertà in una bidonville sudafricana, facendo il suo ingresso nel mondo già colpito dall'HIV. Divenne portavoce non ufficiale di milioni di altri bambini africani che avevano perso i loro genitori a causa dell’AIDS o che soffrivano essi stessi di AIDS. Nkosi pronunciò un memorabile discorso in occasione della 13° Conferenza sull’AIDS, tenutasi a Durban nel 2000, ricordando al mondo che “siamo tutti uguali”.
Prima di morire nel 2005 all”età di 12 anni, Nkosi era divenuto, prendendo a prestito le parole di Nelson Mandela, un simbolo della “lotta per la vita” per milioni di persone in Africa e nel mondo. L’annuncio della sua morte fece il giro del mondo, perché Nkosi aveva ispirato un gran numero di persone. La sua vita è stata breve. Ma il suo contributo è stato veramente fondamentale.
Wooten disse che aveva imparato molto dal bambino africano morente. Uno di questi insegnamenti era il seguente: “Fai tutto quello che puoi, con quello che possiedi, nel tempo che hai, nel luogo in cui sei”.
La vita non consiste nella quantità di tempo che abbiamo a disposizione.
Consiste in quello che riusciamo a fare nel tempo che abbiamo a disposizione.
Eccellentissimi Capitani Reggenti,
a conclusione di questo intervento, sono lieta di formulare il mio più sentito augurio per un semestre di successo e ricco di positivi risultati, unito all’auspicio di prosperità e benessere per la Repubblica di San Marino e per il Suo popolo.