Forze politiche ancora divise sul nodo Npl Delta, diversa anche la lettura data all'analisi di Bcsm in CCR
Sullo sfondo gli esiti del primo CCR allargato alla presenza di Banca Centrale, la cui partecipazione è stata trasversalmente apprezzata dalle forze politiche ma ognuna con una propria lettura sull'analisi compiuta dall'istituto di Via del Voltone. Se da un lato Repubblica Futura ritiene che Bcsm abbia parlato di prezzo congruo di vendita del pacchetto Arcade, dall'altro Dim sostiene che "nulla di tutto ciò è stato comunicato e si chiedono come Rf possa affermare che Banca Centrale si sia espressa in merito".
"In attesa - scrivono - che l'istituto chiarisca la propria posizione", Rete ed Mdsi denunciano il perdurare delle “pressioni per vendere i crediti Delta. Risulta palese – osservano - il tentativo del governo di coinvolgere tutti nella cessione di quei crediti e la Commissione Finanze convocata in fretta e furia per lunedì prossimo – precisano - rappresenta il grimaldello con cui forzare una vendita. Se quei crediti verranno ceduti – scandiscono - Confuorti avrà vinto ancora”.
Il Pdcs si sta invece muovendo per aggiornare ed elaborare possibili alternative alla cessione; già individuate alcune ipotesi per "mitigare le criticità della vendita alle attuali condizioni che – dicono - meriterebbero di essere condivise e approfondite".
Intanto è dal Consiglio che emergono dettagli sulle operazioni di recupero delle somme che il gruppo Delta aveva erogato prima di essere commissariato. Operazioni rientranti nell'accordo di ristrutturazione omologato nel 2012, al quale presero parte diverse banche italiane, e avviate dalla Società di Gestione Crediti Delta. In 8 anni, tra 2010 e 2017, recuperate cifre per un totale di quasi 1 miliardo e 150 milioni di euro, con Cassa detentrice della quota maggioritaria, ma si nota facilmente come il trend dei rientri abbia subito - di anno in anno - una costante diminuzione di circa il 90%, passando da 324 milioni a poco meno di 38. Sono alcuni dei numeri snocciolati in comma comunicazioni dal consigliere di Rf, Lorenzo Lonfernini. La progressiva tendenza al ribasso dunque, e le sollecitazioni delle grandi banche interessate dall'accordo – si è detto - hanno portato SGCD, a fine 2016, ad avviare un processo di vendita ritenuto più vantaggioso rispetto al recupero. Un portafoglio, quello dei crediti non riscossi del valore lordo di 2 miliardi e 189 milioni di euro, con circa 1,2 miliardi di competenza di Cassa. Lonfernini - rifacendosi alla relazione consegnata da Carisp alla Commissione Finanze nel settembre scorso - fa notare come la differenza fra gli incassi e i rimborsi ai creditori, più la riserva di cassa, sia pari a 553 milioni, chiedendosi però a cosa siano realmente serviti questi soldi poiché non specificato nel documento. Di qui la necessità di giungere ad una completa conoscenza dell'accordo di ristrutturazione, “se ci si vuole accostare in maniera tecnica alla problematica – afferma Lonfernini – così come occorre conoscere nel dettaglio la realtà dei crediti sanitari DETTO FACTOR inclusi nel pacchetto Arcade”.