Il giorno più lungo termina con la bocciatura della mozione di sfiducia a Berlusconi
Vittoria tattica del Premier; netta sconfitta di Gianfranco Fini, che dopo essersi detto certo – nei giorni scorsi - della caduta di Berlusconi, si ritrova ora in estrema difficoltà, con un partito spaccato e soprattutto con un Presidente del Consiglio ancora in sella e più battagliero che mai. Questo il risultato della partita disputatasi alla Camera, dopo il prologo scontato in Senato. Numericamente è finita 314 a 311, e il Cavaliere, con la fiducia in tasca, si è recato al Quirinale, da Napolitano, attraversando una città devastata dagli scontri. Che prospettive possa avere un Governo, che si basa su 3 voti di vantaggio alla Camera, e sull’appoggio di onorevoli provenienti da IdV, Pd e Futuro e Libertà è difficile dirlo. Certo oggi, in Parlamento, si è assistito ad una girandola di emozioni, voltafaccia, reazioni scomposte. “Sì” al governo di Scilipoti, Calearo e Cesario; tutto sommato era previsto. Decisive, invece, le defezioni dei finiani; con l’astensione di Moffa – che poco prima aveva dichiarato di votare la sfiducia, pretendendo però le dimissioni di Bocchino - e il voto contrario di Anna Maria Siliquini e Catia Polidori, che ha scatenato il pandemonio in Aula. Il finiano Granata e Giorgio Conte – del PdL – sono addirittura venuti alle mani. E poi cori “dimissioni-dimissioni” rivolti al Presidente della Camera. “La mia – ha dichiarato Berlusconi al termine di questa giornata convulsa – è stata una vittoria politica; con i finiani ho chiuso”.
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