Nelle prossime ore il Presidente della Repubblica dovrebbe sciogliere le Camere e indire le elezioni. Il 2018 sarà un anno di votazioni, perché ci sono anche le regionali e le amministrative.
Entro la fine della settimana il Presidente Sergio Mattarella dovrebbe convocare i presidenti di Camera e Senato e firmare lo scioglimento dei due rami del Parlamento: il Consiglio dei ministri dovrà poi predisporre il decreto per indire le elezioni politiche, e la data più probabile resta quella del 4 marzo.
Resta da capire se i partiti vorranno dar vita ad un unico “election day”, accorpando cioè elezioni politiche, regionali e amministrative in un solo fine settimana, anche se l'ipotesi pare ardita.
Le regioni al voto sono Lazio, Lombardia, Molise, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta.
763 i Comuni interessati, con 20 capoluoghi di provincia e un capoluogo di regione, Ancona.
Montecitorio e Palazzo Madama continueranno comunque a lavorare per il disbrigo degli affari correnti: la Camera ha ufficialmente concluso i suoi lavori e si ritroverà il 9 gennaio con un ordine del giorno scarno, che reca solo comunicazione della presidente. Al Senato invece qualche esponente politico spera in un rush finale per approvare lo ius soli, per il quale gli appelli si sprecano, anche al presidente Mattarella. Sarà difficile: il 23 dicembre scorso è mancato il numero legale, con l'opposizione praticamente tutta assente. A tal proposito il senatore del Pd Luigi Manconi ha puntato il dito anche contro i 29 del suo partito che non c'erano: “Segnale – ha detto – che nemmeno il Pd ci credeva abbastanza”.
E a proposito di appartenenza alle forze politiche: uno dei tratti salienti di questa XVII legislatura è stato il trasformismo parlamentare: mai come in questi 5 anni i cambi di gruppo sono stati un fenomeno così predominante. Dal 2013 ben 546 cambi, 310 alla Camera e 236 al Senato: 10 al mese.
Francesca Biliotti
Entro la fine della settimana il Presidente Sergio Mattarella dovrebbe convocare i presidenti di Camera e Senato e firmare lo scioglimento dei due rami del Parlamento: il Consiglio dei ministri dovrà poi predisporre il decreto per indire le elezioni politiche, e la data più probabile resta quella del 4 marzo.
Resta da capire se i partiti vorranno dar vita ad un unico “election day”, accorpando cioè elezioni politiche, regionali e amministrative in un solo fine settimana, anche se l'ipotesi pare ardita.
Le regioni al voto sono Lazio, Lombardia, Molise, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta.
763 i Comuni interessati, con 20 capoluoghi di provincia e un capoluogo di regione, Ancona.
Montecitorio e Palazzo Madama continueranno comunque a lavorare per il disbrigo degli affari correnti: la Camera ha ufficialmente concluso i suoi lavori e si ritroverà il 9 gennaio con un ordine del giorno scarno, che reca solo comunicazione della presidente. Al Senato invece qualche esponente politico spera in un rush finale per approvare lo ius soli, per il quale gli appelli si sprecano, anche al presidente Mattarella. Sarà difficile: il 23 dicembre scorso è mancato il numero legale, con l'opposizione praticamente tutta assente. A tal proposito il senatore del Pd Luigi Manconi ha puntato il dito anche contro i 29 del suo partito che non c'erano: “Segnale – ha detto – che nemmeno il Pd ci credeva abbastanza”.
E a proposito di appartenenza alle forze politiche: uno dei tratti salienti di questa XVII legislatura è stato il trasformismo parlamentare: mai come in questi 5 anni i cambi di gruppo sono stati un fenomeno così predominante. Dal 2013 ben 546 cambi, 310 alla Camera e 236 al Senato: 10 al mese.
Francesca Biliotti
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