La storica intesa fra Italia e Svizzera è al momento all'esame dei 26 Cantoni e delle associazioni interessate, per le indagini conoscitive previste dalle leggi elvetiche. Un negoziato aperto da tre anni e che, per il Dipartimento Federale delle Finanze, ha consentito di raggiungere gli obiettivi auspicati, come il passaggio senza traumi al futuro scambio automatico di informazioni, la semplificazione della regolarizzazione dei patrimoni italiani evitando fughe di capitali e riducendo i rischi di perseguimento giuridico nei confronti delle banche e dei loro impiegati. Poi l'uscita della Svizzera dalle black list italiane, il miglioramento della Convenzione contro le doppie imposizioni e il passaggio allo standard OCSE per lo scambio di informazioni su domanda. “L'accordo – ha commentato il Dipartimento Federale delle Finanze - pone delle nuove basi che permetteranno di rafforzare la cooperazione, di migliorare le relazioni tra i due Stati e di sviluppare le relazioni economiche bilaterali in un clima costruttivo”. La ratifica del trattato, che presumibilmente avverrà nel 2017, consentirà anche l'operatività delle banche svizzere in Italia e rivedrà completamente il sistema di tassazione dei 64 mila lavoratori frontalieri occupati nelle imprese elvetiche. Un tema, questo, che le parti si sono impegnate ad affrontare al più presto, per prevedere il pagamento di una parte delle imposte nello Stato in cui esercitano la loro attività professionale, ed un'imposizione ordinaria in quello dove risiedono. In pratica succederà che la Svizzera tasserà il 70 della retribuzione e l'Italia il restante 30 per cento. Il carico fiscale totale dei frontalieri non dovrà però cambiare: non potrà né aumentare e né diminuire. Ai comuni limitrofi, che ora incassano circa 70 milioni di euro dalla Svizzera, dovranno tornare le stesse risorse, questa volta, però, girate da Roma. Ma su questi aspetti il confronto fra le autorità italiane ed elvetiche, si aprirà nei prossimi mesi.
Sergio Barducci
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