Durante queste settimane trascorse sul campo ho avuto modo di confrontarmi con molti concittadini presentando loro la proposta referendaria sui quindici anni di permanenza in Consiglio. Con questo piccolo contributo vorrei dare una personale fotografia della società sammarinese e di come viene percepita la politica sammarinese lontano dai palazzi e dalle riunioni di partito. Questa testimonianza non vuole essere un'accusa di quelli "fuori" a quelli "dentro" Palazzo ma un tentativo di dialogo della società civile col mondo politico in termini pratici. Chiarisco subito un concetto: "quelli seduti a Palazzo" sono espressione diretta della società, per cui la percentuale degli eventuali mascalzoni a Palazzo è direttamente proporzionale. Perchp, visto che cerco di agire sempre con spirito positivo, so che esistono persone pulite a cui chiedo di non essere impermeabili al confronto con la cittadinanza. Non sono mosso da un sentimento da caccia alle streghe. Ascoltate le persone, prima che loro ascoltino solo il loro stomaco, spegnendo il cervello. Nessuna forza politica ha preso posizione sull'iniziativa referendaria sui quindici anni, forse perché è arrivata da "fuori" e quindi non rappresenta di certo una minaccia anzi forse suscita qualche sorriso ironico. Nessun commento pubblico, salvo "Per San Marino" che, grazie all'intervento dell'avv. Alvaro Selva, ha prontamente - forse troppo prontamente per suonare super-partes - sollevato un dubbio di tipo giuridico-istituzionale sul quesito. Meglio rivolgersi ai cittadini. A quelli che non hanno firmato "perchè 15 anni sono troppi", vorremmo ricordare che attualmente gli anni di permanenza in Consiglio possono essere anche il doppio e che il fulcro di questo referendum non è solo un numero, ma la qualità di quel periodo al servizio del Paese e la possibilità di trasmettere esperienza politica alle generazioni future. A coloro i quali reputano questo quesito una ricetta sbagliata perchè una limitazione antidemocratica, dico invece che forse hanno dimenticato che non c'è strumento più democratico di un Referendum, in cui la popolazione può esprimere liberamente e direttamente il proprio parere.
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