Luca Lazzari: "Il 'gattismo' ha determinato il fallimento di San Marino"
Secondo l’assunto di Croce – e utilizzando il ragionamento per assurdo – il politico più morale della storia recente di San Marino è senz’ombra di dubbio Gabriele Gatti, padre padrone e signore assoluto della Repubblica dal 1986 fino a metà degli anni Duemila. Sotto il suo dominio San Marino ha conosciuto la creazione di un vero e proprio modello economico-sociale capace di azzerare quasi completamente il dissenso: il gattismo. La formazione politica che più lo ha combattuto, Alleanza Popolare, non si è mai spinta oltre i sette seggi. Altre esperienze, come Rifondazione Comunista e la Cooperativa Culturale Il Macello (che sul gattismo aveva svolto una rigorosa analisi intellettuale capace di prefigurarne gli esiti) sono sempre rimaste marginali in termini di consenso. L’imbattibilità del gattismo è spiegata soprattutto dai numeri: oltre 4mila dipendenti pubblici con retribuzioni medie tra le più alte d’Europa, rinnovi contrattuali del 5%, 60 miliardi di lire corrisposti ogni anno sotto forma di compensi da lavoro dipendente nel solo settore bancario, migliaia e migliaia di operatori iscritti al registro delle imprese, incessanti immatricolazioni di autovetture, e via discorrendo. Di fronte a uno scenario di questo tipo – citando ancora una volta Croce – “il governo degli onesti non è che un’ideale che canta nell’animo degli imbecilli” (nessuno si senta offeso, ha cantato e canta anche nel mio).
Da che il gattismo viene considerato un capitolo chiuso tutti i partiti sono impegnati a fare discorsi puliti. Nell’opinione pubblica, però, sono i partiti stessi a essere considerati sporchi, e dunque falsi i loro discorsi. Gatti, al contrario, non fa un discorso pulito, fa un discorso alla sua maniera. Lui più di ogni altro conosce qual è la logica che sottende il patto elettorale: i governanti si impegnano a garantire ricchezza ai governati (il come è irrilevante), i governati, dal canto loro, si impegnano a chiudere gli occhi sulle condotte immorali dei governanti. È su questa logica che Gatti prova ancora a giocare le sue carte. E non è da escludere che possa avere una buona mano.
Prima di tutto va rilevato che non sono stati gli elettori a metterlo a riposo, ma la politica (aiutata dalle forti pressioni dell’Italia). La sua presenza inoltre non solo conserva il carisma di sempre, la lontananza dalla scena pubblica le ha perfino conferito la natura delle apparizioni. Le segnalazioni sono innumerevoli: c’è chi sostiene di averlo visto correre all’arboreto, chi invece al ristorante con una larga corte di politici, chi l’ha visto aggirarsi negli uffici del Tribunale, chi invece lo dà in fuga verso un paese in cui non vige l’estradizione. Alle apparizioni seguono poi le fantasie: secondo alcuni, per esempio, sarebbe lui il grande regista dietro l’azione dei commissari della legge. Se su altre si può sorvolare, su questa invece è importante fare chiarezza: la giustizia si muove su tempi dilatati rispetto alla politica o ai media; questo fa sì che nell’opinione pubblica si creino delle aspettative che non possono che essere disattese.
Gatti non va giudicato sul piano morale, ma lì dove lui ha sempre vinto: sul piano politico. È sul piano politico, infatti, che Gatti ha dimostrato il deficit più grande, e cioè la totale assenza di prospettiva. È stato soprattutto lui a insistere sul binario morto dell’opacità, a spingere il sistema fino al totale esaurimento. Ciò ha determinato non solo il suo fallimento personale, ma anche il fallimento di San Marino, della sua economia e della sua dignità internazionale. Stiamo ben attenti dunque a non convincerci che “in fin dei conti quando c’era lui a governare si stava meglio”. Sarebbe un inganno della ragione cui però di fronte all’attuale debolezza della politica potrebbero essere facile abbandonarsi.
Comunicato stampa Luca Lazzari