La maggioranza spiega la decisione di rinviare l'approvazione in aula della riforma fiscale

La minaccia di sciopero generale pesa enormemente sulla politica e la riforma fiscale slitta almeno di un mese. Serve tempo per trovare un punto di mediazione, ritiene il Governo, che ha deciso di rinviare il voto alla sessione parlamentare di luglio. Si vuole evitare il muro contro muro, nella convinzione che non porti giovamento a nessuno, ma soprattutto si vuole evitare uno scontro che potrebbe avere conseguenze politiche pesanti. Oltre ai sindacati la riforma tributaria ha altri soggetti che dimostrano di non gradire le nuove regole. Primi fra tutti i commercialisti. Stando ai bene informati, detrattori ci sarebbero anche nella maggioranza, al punto da far temere il rischio di franchi tiratori al momento del voto. “Nessun mal di pancia nel Patto – ci spiega il Segretario della DC, Marco Gatti, ma solo la volontà di ricercare la massima condivisione per un provvedimento che mira non solo all'equità fiscale ma anche all'emersione di redditi oggi sommersi”. Confermata la disponibilità a confronti serrati prima del voto ma anche ad eventuali correzioni in corso d'opera, aggiustamenti futuri, qualora si verifichino quegli eventuali squilibri temuti dalle organizzazioni sindacali. La volontà è quella di illustrare fin nei minimi dettagli la portata dell'intervento di riforma, spiegare i meccanismi del nuovo fisco per far emergere quote di evasione, chiarire il reale peso della pressione fiscale. “Solo se tutti paghiamo le tasse – afferma Marco Gatti – possiamo pensare di mantenere questi livelli di prelievo, che sono assolutamente sostenibili”.

Sergio Barducci

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