Noi per la Repubblica tra analisi dei "disastri" del Governo e soluzioni future

Noi per la Repubblica, che ieri ha incontrato la cittadinanza per parlare del programma, nella ricerca delle risposte ai problemi parte da quello che definisce “il disastro” del Governo di Adesso.sm. Elemento cardine del fallimento: “non aver dato seguito ad un metodo condiviso”. Nell'analisi delle criticità del settore bancario e finanziario, un approccio politico definito “squilibrato e iniquo al sistema”, con un “palese conflitto di interessi – dice Alessandro Rossi - nella gestione dell'ex Segretario Celli”. L'attenzione va quindi da Asset a Cis, fino alla vendita dei crediti Delta. Nel mirino anche la politica estera, “più orientata su Bruxelles e paesi esotici che all'Italia”. Emblematico – per Andrea Belluzzi - il caso targhe, mentre la recente sentenza del Collegio Garante sull'Agenzia per lo sviluppo viene definita da Gian Nicola Berti“ la punta dell'Iceberg”, con un intervento legislativo del Governo su una società privata che allontana possibili investitori. Poi, uno sguardo a un debito pubblico di 425 milioni a fine 2018, con impegni in questi tre anni che superano – è stato detto – i 500 milioni. La previsione del Fondo Monetario, che tiene conto delle ripatrimonializzazioni, è dell'80% del Pil, circa 1 miliardo.
Ora la sfida è affrontare le emergenze, con capacità di dialogo pur nelle diversità. “Abbiamo trovato una sintesi con l'elemento comune della bandiera”– dice Berti. “ Vogliamo essere gli anticorpi in difesa delle istituzioni”, aggiunge Alessandro Mancini, con un ritorno alla centralità del Consiglio. "Ce la possiamo ancora fare - dice Belluzzi - il percorso istituzionale ci può salvare". 

Critiche, infine, al tavolo istituzionale che non ha portato i risultati sperati “dato che non poteva essere un metodo – affermano – per recuperare in extremis il rapporto con il paese”. Sì al confronto come elemento centrale ma nel rispetto dei ruoli. Non manca una frecciatina a Libera, con Mancini che si dice “ stupito che parte della politica si sia rifatta una verginità cambiando nome pur mantenendo pensieri che hanno portato al degrado. Da un asino – conclude – non si fa un cavallo da corsa”.

Sentiamo Gian Nicola Berti

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