Renato Clarizia è il nuovo presidente di Banca Centrale. La sua nomina ha aperto un conflitto politico e istituzionale durissimo all'interno del Consiglio Grande e Generale ed è avvenuta dopo una seduta notturna infuocata, dove sono volate grida, epiteti e anche la minaccia di sindacato nei confronti della Reggenza. Tutta l’opposizione ha fatto muro contro la decisione di rivotare subito il Presidente di Banca Centrale dopo che, Renato Clarizia aveva pareggiato (27 a 27 e due schede annullate) con Biagio Bossone, candidato non dichiarato e inconsapevole della minoranza. La battaglia è proseguita questa mattina fino alla decisione, di tutti i consiglieri di opposizione, di uscire dall'Aula per non partecipare ad un voto ritenuto illegittimo e che, con 30 voti a favore e l’astensione annunciata degli Europopolari, segna l’ingresso di Clarizia in Banca Centrale. Lo scontro nasce sull'interpretazione del regolamento consiliare che prevede, secondo la maggioranza, la possibilità, in caso di pareggio, di ripetere il voto alla prima seduta successiva utile. La decisione mette sul piede di guerra la minoranza che spara tutte le cartucce disponibili, presentando tre ordini del giorno: il primo, illustrato dal capogruppo del Psd, Claudio Felici, chiede, in sostanza, di stoppare la rivotazione di Clarizia. Viene respinto con 30 voti contrari, 25 favorevoli e 2 astenuti. Stessa sorte per il secondo, presentato da Pier Marino Mularoni dei Ddc, che propone una pausa di riflessione e mette in discussione la posizione espressa dal capogruppo Pdcs, Luigi Mazza, vale a dire i motivi adottati per riproporre subito il voto sul presidente. Il terzo ordine del giorno, presentato da Giuseppe Morganti del Psd, ottiene un risultato sul filo del rasoio: 28 voti favorevoli e 29 contrari. Il testo si limitava a chiedere l'apertura di un confronto con l'opposizione sulla candidatura del presidente di Banca Centrale. “Nel Patto c’è un problema politico serio e la maggioranza non c’è più”, sottolinea l’opposizione. Il capogruppo della Dc ammette che ci sono questioni da chiarire ma dice: “questa nomina è un passaggio fondamentale nel recupero dei rapporti con l’Italia”. Molti interventi hanno chiamato in causa la Reggenza. “Sarà l’unica - secondo il presidente del Psrs Paride Andreoli - a pagare le conseguenza di questa situazione”. “Mettete in difficoltà terribile i Capitani Reggenti - dice al Patto Giovanni Lonfernini dei Ddc - ma tirate dritto e ve ne sbattete”. Punta contro una forzatura del regolamento che è una presa in giro, Ivan Foschi, capogruppo Su. “Stavamo discutendo di Europa, si era aperto un nuovo comma - rileva Fiorenzo Stoli del Psd - sulla base di che cosa si ripete una votazione di un comma precedente”. Pier Marino Menicucci per gli Eps anticipa l’astensione. “Sul piano del regolamento - precisa - possono avere ragione entrambi gli schieramenti”. La valutazione è politica. “Clarizia non ha ottenuto il gradimento e mi sorprende che a questo punto non abbia ritirato la propria candidatura. Non condividiamo - conclude - il modo di procedere della maggioranza”. Una volta abbandonata l’Aula l’opposizione ribadisce alla stampa le proprie valutazioni, rettificando il tiro solo sul sindacato della Reggenza. Di questo bisogna parlare - è il commento - quando i Capitani Reggenti non saranno più in carica. Poi è la volta del segretario di Stato per le Finanze, che ieri, alla prima votazione, aveva ventilato la possibilità di dimettersi. “Ho affermato a caldo - dice - che se il responso era quello della prima votazione, non c’era nei confronti del segretario alle Finanze il sostegno della maggioranza e soprattutto del mio partito. “Il primo risultato - afferma - non è attribuibile alla figura di Clarizia, di cui molti dell’opposizione hanno riconosciuto l’autorevolezza. L’instabilità politica - dice Valentini - nasce per altre ragioni e per altri progetti. Il Patto dovrà riflettere”. “Intanto - aggiunge - la legge su Banca Centrale, le decisioni adottate sulla vicenda Carim-Cis e la nomina del presidente sono segnali estremamente positivi. Si è intensificato il dialogo tra Banca Centrale e Bankitalia e - aggiunge - sono state gettate le fondamenta per il riassetto del sistema bancario e la chiusura degli accordi con l’Italia. Era un passo troppo importante per il paese”, conclude Valentini. Chi l’ha portato in bagarre ha ritenuto le conseguenze meno importanti del vantaggio politico. Infine è la volta del Patto che ammette l’esistenza di un problema politico ma accusa l’opposizione di avere strumentalizzato il regolamento consigliare. Adesso l’Aula si confronta sulla relazione del gruppo di lavoro chiamato a studiare i pro e i contro dell'ingresso di San Marino nell'Unione Europea o nello Spazio Economico Europeo. “La priorità è non restare a lungo nella situazione in cui ci troviamo oggi, ma trovare una possibilità di integrazione”, ha premesso il segretario per gli Affari Esteri, Antonella Mularoni. “Scegliere tra un'opzione o un'altra può essere indifferente - manda a dire all'Aula - però dobbiamo decidere in tempi brevi cosa fare e aprire un negoziato”. Lo stesso gruppo nella relazione, che è considerata un documento di lavoro, in quanto molto tecnica, ha sottolineato il ritardo in cui si trova San Marino su questo percorso. “Perciò dobbiamo essere consapevoli - spiega Mularoni - che partiamo svantaggiati rispetto a chi si è preoccupato prima del futuro del suo Paese”. Con questo dibattito si apre la fase di confronto politico sul tema Europa, anche in coincidenza con un appuntamento referendario che dovrebbe essere fissato nei primi mesi del 2011. Il segretario agli Esteri anticipa anche un tema correlato alla maggiore integrazione europea: il passaggio al regime Iva. “E' un argomento non secondario - dice - su cui va fatta una riflessione e si dovranno anche adottare scelte coraggiose”.
Sonia Tura
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