'Non c'è evasione': il Congresso replica alla Guardia di Finanza
La Guardia di Finanza di Rimini punta il dito contro il Titano e alcune delle sue aziende, annuncia azioni pesanti e lascia intendere che quella evidenziata sia solo la punta di un iceberg. Nel mirino ci sono quelle imprese che hanno la sede principale nella Repubblica di San Marino e un domicilio fiscale in territorio italiano. Due, in particolare, almeno al momento. Il fatto che queste compiano verso l’Italia la maggior parte delle loro operazioni commerciali, viene visto dalle fiamme gialle come una vera e propria evasione fiscale, dal momento che – dichiarano – dovrebbero pagare le tasse all’erario italiano. La Guardia di Finanza parla di ricavi non dichiarati ed apre un nuovo capitolo difficile nei rapporti fra i due paesi. Quel differenziale fiscale, il 19% di imposizione sul Titano contro il 33 in Italia, viene visto come un elemento competitivo e ci si spinge a parlare, in un caso, di concorrenza sleale. Una presa di posizione che ha fatto balzare sulla sedia più di un responsabile politico in Repubblica; una nuova interpretazione della legge da tempo è in vigore e questo crea confusione e disorientamento. A scendere in campo, per difendere le due imprese del Titano, è il Congresso di Stato, che evidenzia come non ci si trovi di fronte ad alcun fenomeno o volontà evasivi, la nel solco delle normative in vigore. La Segreteria di Stato alle Finanze e Bilancio fa sapere di essersi mossa già da tempo, di aver avviato un confronto con la Direzione dell’Agenzia delle Entrate di Roma, per chiarire quella che ritiene una interpretazione del tutto innovativa e discrezionale della legge. Quella della Guardia di Finanza di Rimini è per il Congresso di Stato un’iniziativa unilaterale e locale, che non tiene conto né della consolidata valutazione fiscale nel rapporto economico fra i due paesi, né delle convenzioni bilaterali e neppure delle ultime intese contro le doppie imposizioni fiscali. 'Le due aziende sammarinesi non possono essere considerate alla stregua di contribuenti italiani, lo dice la legge del 1986, lo confermano le intese sottoscritte fra i due paesi. Non metteremmo in discussione – afferma il Governo sammarinese – eventuali pretese impositive basate su criterio internazionale della stabile organizzazione, accettato e prescritto dall’OCSE, ma è indispensabile un ampio e dovuto approfondimento di fronte ad un aspetto meramente interpretativo. Insomma la legge è in vigore dal 1986, perché a distanza di venti anni si crea il caso e si vuole stravolgere tutto?' Una domanda che l’esecutivo girerà a Roma chiedendo anche di definire e precisare, sotto il profilo fiscale, gli aspetti operativi delle relazioni economiche fra i due paesi.
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