Il Pd fa i conti col calo di consensi, il M5S pensa ad alleanze dopo il voto
Difficile che centrodestra o M5S, i più accreditati alla vittoria delle prossime elezioni politiche, arrivino al fatidico 40%.
“Faremo il governo con chi ci sta”, dice allora Luigi Di Maio, che però annuncia il suo sì ad un eventuale referendum sull'uscita dall'euro, chiudendo così a gran parte dei possibili alleati, quasi tutti euroconvinti, Lega a parte. I 5 Stelle, a capo di Roma, suscitano ilarità generale – anche all'estero – per la scelta dell'albero di Natale di Piazza Venezia, ribattezzato dalla Rete “Spelacchio”, e il perché non è difficile da capire. Costato 50mila euro, potrebbe non farcela ad arrivare a Natale: per gli esperti, ha le ore contate, e su Internet le battute si sprecano: alcuni notano che sicuramente è durato più di alcuni assessori della Giunta Raggi. I 5 Stelle, inoltre, tra i candidati al voto non avranno Di Battista, che vuole ritirarsi.
Lascia anche Angelino Alfano, attuale ministro degli Esteri. Un'ala del suo partito, Alternativa Popolare, guarda al Pd, l'altra a Forza Italia.
Il Pd fa i conti coi consensi in calo, “inevitabile quando si sta al governo”, dice il segretario Matteo Renzi, che ha visto parte del suo partito confluire nel contenitore di Pietro Grasso e Pisapia sfilarsi dal progetto di creare un grande “campo progressista”.
L'unica vicina al Pd potrebbe essere la lista di Emma Bonino e Benedetto Della Vedova, “+Europa”. Ad ostacolare l'unione, la politica sui migranti: i radicali tollerano poco che Minniti li lasci nei lager libici. E invece il nome del ministro dell'Interno, così come quello di Delrio, sembrano appetibili per salvare il Pd nel caso in cui affondi. E non è una possibilità remota, viste anche le polemiche su Maria Elena Boschi, chiamata in causa per presunte pressioni su Banca Etruria, di cui il padre era vice presidente.
Francesca Biliotti