Così come annunciato quello di oggi sarà il giorno delle dimissioni, la giornata cioè nella quale la maggioranza DC e PSS, in sofferenza ormai da diversi mesi, ufficializzerà la crisi aprendo la strada a tutti i passaggi istituzionali previsti per la formazione di una diversa coalizione e l’insediamento di un nuovo esecutivo. Tutto lascia presupporre che i tempi di soluzione di una crisi che di fatto è pilotata siano molto rapidi. Del resto il tavolo delle trattative è aperto da tempo, almeno dal 3 novembre scorso, quando il Consiglio Grande e Generale ha approvato il primo ordine del giorno. Ad onor del vero però i confronti fra le forze politiche si erano avviati già prima ed hanno portato alle prime convergenze necessarie, quelle indispensabili per far venire allo scoperto l’intesa sul governo straordinario, o dei contenuti. Negoziati proseguiti nelle due settimane successive, affrontando tutti i percorsi nei dettagli, per arrivare fino all’ultimo ordine del giorno, quello votato il 21 novembre scorso. Di qui i parlamentini della DC, dei Socialisti e per ultimo dei Democratici, hanno espresso il loro assenso definitivo e dato il benestare alla formazione dell’esecutivo. Sui famosi contenuti gli accordi ci sono praticamente tutti; resta da definire la posizione di Rifondazione Comunista che momentaneamente si è tirata fuori sospendendo ogni ulteriore apporto fino alla data delle dimissioni. 'Poi – ha fatto sapere il segretario, Ivan Foschi – ci confronteremo decidendo in base agli accoglimenti delle nostre proposte di cambiamento sulla finanziaria'. Ma c’è un’altra ragione che lascia intendere che non ci saranno esitazioni e che la crisi si chiuderà molto presto: l’impegno assunto in parlamento per aprire la nuova fase politica entro il 10 dicembre.
Un vincolo imprescindibile, scritto nero su bianco, che dovrà essere rispettato. Se questa mattina il governo si dimetterà, come già annunciato, e subito dopo la Reggenza convocherà le forze politiche per i previsti colloqui chiarificatori, prima di decidere sull’affidamento del mandato esplorativo, nel giro di pochi giorni si potranno tenere le consultazioni e il partito di maggioranza relativa, al quale secondo la consuetudine viene affidato l’incarico di sondare la possibilità di formazione di un nuovo governo, potrà salire a Palazzo Pubblico e sciogliere la riserva. Forse già in settimana il Consiglio Grande e Generale potrebbe riunirsi per prendere atto delle dimissioni. Nella settimana successiva poi, i parlamentari potrebbero tornare in aula, questa volta per votare il nuovo esecutivo e procedere alla cerimonia di insediamento.
A parte qualche indiscrezione, che resta ancora senza conferma, nulla trapela sulla ripartizione delle Segreterie di Stato, se non la decisa riduzione dei dicasteri, da 10 a 8. Gli interessati si limitano a dichiarare che gli accordi si sono concentrati sulle cose da fare e non sulle poltrone, rimandando almeno ufficialmente, deleghe ed assegnazioni ad altri momenti.
Un vincolo imprescindibile, scritto nero su bianco, che dovrà essere rispettato. Se questa mattina il governo si dimetterà, come già annunciato, e subito dopo la Reggenza convocherà le forze politiche per i previsti colloqui chiarificatori, prima di decidere sull’affidamento del mandato esplorativo, nel giro di pochi giorni si potranno tenere le consultazioni e il partito di maggioranza relativa, al quale secondo la consuetudine viene affidato l’incarico di sondare la possibilità di formazione di un nuovo governo, potrà salire a Palazzo Pubblico e sciogliere la riserva. Forse già in settimana il Consiglio Grande e Generale potrebbe riunirsi per prendere atto delle dimissioni. Nella settimana successiva poi, i parlamentari potrebbero tornare in aula, questa volta per votare il nuovo esecutivo e procedere alla cerimonia di insediamento.
A parte qualche indiscrezione, che resta ancora senza conferma, nulla trapela sulla ripartizione delle Segreterie di Stato, se non la decisa riduzione dei dicasteri, da 10 a 8. Gli interessati si limitano a dichiarare che gli accordi si sono concentrati sulle cose da fare e non sulle poltrone, rimandando almeno ufficialmente, deleghe ed assegnazioni ad altri momenti.
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