Il referendum sulle riforme istituzionali non si farà. Lo ha deciso il Collegio Garante della costituzionalità delle norme, esaminando i 5 quesiti referendari presentati dal Comitato Promotore e giudicandoli tutti inammissibili. Una lunga ed articolata sentenza, elaborata dai saggi, nella quale si chiariscono alcuni concetti giuridici fondamentali: il primo, che i 5 provvedimenti legislativi sono parte di un unico corpo, strettamente correlati tra loro, componenti di un disegno legislativo comune. Tre di questi hanno carattere costituzionale, approvati con maggioranza qualificata con il quorum dei due terzi dei componenti del Consiglio Grande e Generale. Per questi la legge del 2002 di revisione della carta dei diritti ha previsto un eventuale ricorso al referendum confermativo in caso del mancato raggiungimento della maggioranza qualificata. Essendo la revisione della dichiarazione dei diritti successiva al 1994, data di adozione della legge sui referendum e, inoltre, di maggior livello nella gerarchia delle fonti, ha, in pratica, introdotto un nuovo tipo di referendum, riferito alle sole leggi costituzionali che non abbiano raggiunto il quorum previsto. In pratica, per effetto delle disposizioni del 2002, le leggi costituzionali non possono essere sottoposte a referendum confermativo qualora la maggioranza qualificata sia stata raggiunta. E le 5 leggi di riforma istituzionale hanno ottenuto tutte l’approvazione dei due terzi del Consiglio Grande e Generale. Nessuna di queste è scesa sotto i 40 voti previsti. Le due leggi qualificate, sulla Reggenza e il Congresso di Stato, avrebbero potuto essere sottoposte a giudizio referendario, ma per i saggi del Collegio Garante, essendo queste parte di una catena normativa, si sarebbero verificate situazioni tali da non consentire all’elettore di valutare proposte chiare ed inequivocabili e di esprimersi in forma univoca, come prevede la legge. In pratica – scrive il Collegio – potrebbe esprimere un voto nella convinzione di confermare o respingere una soluzione fissata invece dalla legge costituzionale correlata e dunque privo di effetto. Di qui la scelta di giudicare inammissibili anche i quesiti delle due leggi qualificate. A disposizione degli elettori – scrivono i saggi – ci sono altri strumenti, non ultimi i referendum di indirizzo. Al legislatore poi l’invito ad intervenire con una soluzione definitiva sul rapporto tra il sistema delle fonti e i poteri di democrazia diretta. Nessuna reazione, al momento, dal comitato promotore, che, preso atto della decisione del Collegio Garante, si riserva ogni commento dopo aver preso visione delle motivazioni.
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