Dopo anni di attesa e decine di incontri le regole del gioco arrivano in seconda lettura. Il testo è emendato, c'è condivisione su quasi tutto l'articolato. Se fino a ieri sera c'erano distanze sui tempi dei dibattiti, il confronto prosegue in Aula in cerca di una mediazione. “Ogni forza politica – rimarca il relatore Roberto Giorgetti – ha dato il proprio contributo”. Si tratta di un testo Unico, che raccoglie in sé le tre leggi vigenti. Diversi gli elementi di novità: si regolamentano eventuali dimissioni dei consiglieri; si dà priorità ai commi inevasi nella seduta successiva per evitare che rimangano giacenti per mesi; si regolano aspetti legati a presenze e comportamenti; si prevede la possibilità di presentare emendamenti in seconda lettura; si introduce l'obbligo di relazione illustrativa ai decreti; la votazione palese diventa la regola e quella segreta l'eccezione.
Riguardo l'annoso nodo del trattamento economico, si afferma il principio che tutti i consiglieri devono essere trattati in maniera equiparata, che lavorino nel pubblico o nel privato. L'Aula trova la mediazione e si prende del tempo: si è deciso di comune accordo di rinviare alla prossima legislatura l'applicazione concreta delle norme. La regolamentazione verrà approvata in Ufficio di Presidenza. Si tratta di una legge qualificata. Per essere approvata servono 30 voti.
Luca Santolini è soddisfatto. “Il regolamento – ironizza - era diventato come la Cattedrale di Barcellona, in perenne costruzione” e la raggiunta condivisione assume particolare significato alla luce del difficile momento politico. Joseph Carlini plaude al metodo. “Al tavolo del confronto – dice - c'è stata la volontà di trovare l'accordo su pressoché tutti i punti”.
“Non è stato un percorso semplice”, riconosce Alessandro Mancini, “per la prima volta tutta la politica ha dimostrato maturità nella consapevolezza che le regole del gioco devono esserlo per tutti”. Sui tempi annuncia che si è vicini ad un "compromesso di buon senso, che li riduca senza togliere dignità ai consiglieri". Torna spesso la questione dell'efficienza, la critica a sessioni troppo lunghe. “Il parlamento non è un parlatoio” – afferma Luca Boschi ma per Matteo Zeppa è un falso problema. “Quello vero - fa notare – non è la tempistica ma una politica che non riesce più a parlarsi. Manca un dialogo preventivo”. "Abbiamo dato il buon esempio - commenta Alessandro Cardelli -a dimostrazione che quando c'è condivisione i lavori procedono velocemente". Resta aperto il tema retributivo mentre per Rete la vera innovazione sarebbe stato dimezzare il numero dei consiglieri e introdurre la professionalizzazione come scelta facoltativa.
Matteo Fiorini invita a riaffermare “la ricchezza irrinunciabile di politici non di professione. È questo – dice - il nodo”. E in un mondo in cui è cambiata la comunicazione “non si può ancora parlare – avverte - di interventi da dodici minuti”. Anche Vanessa d'Ambrosio rimarca il valore del Consigliere mentre Iro Belluzzi chiede di ripensarne il ruolo. “Per votare e modificare leggi – avverte - occorre prepararsi, approfondire. Serve tempo per potersi formare. Non facciamoci portare via dalla demagogia quando la maggior parte delle volte non sappiamo di cosa si parla all'interno dell'aula”. In maggioranza c'è chi si aspettava maggiore incisività, ma in linea di principio viene considerata "una buona legge". Resta il rammarico sui tempi, nella speranza di una sintesi.
Per Francesco Mussoni si è persa un'occasione. Si poteva lavorare di più - dice - sulla creazione dello Statuto delle opposizioni in un momento in cui si cerca una collaborazione che non sia estemporanea, ma permanente.
Rimane il fatto che in questa occasione le forze politiche hanno saputo accantonare le tensioni, rinunciando ciascuna a qualcosa nel nome della condivisione.
MF
Riguardo l'annoso nodo del trattamento economico, si afferma il principio che tutti i consiglieri devono essere trattati in maniera equiparata, che lavorino nel pubblico o nel privato. L'Aula trova la mediazione e si prende del tempo: si è deciso di comune accordo di rinviare alla prossima legislatura l'applicazione concreta delle norme. La regolamentazione verrà approvata in Ufficio di Presidenza. Si tratta di una legge qualificata. Per essere approvata servono 30 voti.
Luca Santolini è soddisfatto. “Il regolamento – ironizza - era diventato come la Cattedrale di Barcellona, in perenne costruzione” e la raggiunta condivisione assume particolare significato alla luce del difficile momento politico. Joseph Carlini plaude al metodo. “Al tavolo del confronto – dice - c'è stata la volontà di trovare l'accordo su pressoché tutti i punti”.
“Non è stato un percorso semplice”, riconosce Alessandro Mancini, “per la prima volta tutta la politica ha dimostrato maturità nella consapevolezza che le regole del gioco devono esserlo per tutti”. Sui tempi annuncia che si è vicini ad un "compromesso di buon senso, che li riduca senza togliere dignità ai consiglieri". Torna spesso la questione dell'efficienza, la critica a sessioni troppo lunghe. “Il parlamento non è un parlatoio” – afferma Luca Boschi ma per Matteo Zeppa è un falso problema. “Quello vero - fa notare – non è la tempistica ma una politica che non riesce più a parlarsi. Manca un dialogo preventivo”. "Abbiamo dato il buon esempio - commenta Alessandro Cardelli -a dimostrazione che quando c'è condivisione i lavori procedono velocemente". Resta aperto il tema retributivo mentre per Rete la vera innovazione sarebbe stato dimezzare il numero dei consiglieri e introdurre la professionalizzazione come scelta facoltativa.
Matteo Fiorini invita a riaffermare “la ricchezza irrinunciabile di politici non di professione. È questo – dice - il nodo”. E in un mondo in cui è cambiata la comunicazione “non si può ancora parlare – avverte - di interventi da dodici minuti”. Anche Vanessa d'Ambrosio rimarca il valore del Consigliere mentre Iro Belluzzi chiede di ripensarne il ruolo. “Per votare e modificare leggi – avverte - occorre prepararsi, approfondire. Serve tempo per potersi formare. Non facciamoci portare via dalla demagogia quando la maggior parte delle volte non sappiamo di cosa si parla all'interno dell'aula”. In maggioranza c'è chi si aspettava maggiore incisività, ma in linea di principio viene considerata "una buona legge". Resta il rammarico sui tempi, nella speranza di una sintesi.
Per Francesco Mussoni si è persa un'occasione. Si poteva lavorare di più - dice - sulla creazione dello Statuto delle opposizioni in un momento in cui si cerca una collaborazione che non sia estemporanea, ma permanente.
Rimane il fatto che in questa occasione le forze politiche hanno saputo accantonare le tensioni, rinunciando ciascuna a qualcosa nel nome della condivisione.
MF
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