Rete: accordo d’associazione con l’UE, opportunità o rischio?
Per sedersi a quel tavolo con la speranza di ottenere qualche successo per il nostro paese, bisogna avere idee chiare sui rischi da evitare e sui risultati da ottenere: che a dirigere la trattativa sia il Segretario agli Esteri Valentini ci fa temere che la potenziale opportunità si trasformi in un boomerang. Non sarà l’Europa a salvarci, semmai il contrario.
San Marino deve garantire la volontà precisa di allinearsi ad ogni politica europea che miri a contrastare il riciclaggio e i reati finanziari in genere, assicurando la controparte della sua decisione di essere collaborativo ma solo in cambio di risultati da ottenere. Ci dicano insomma dall’UE cosa vogliono da noi! Vogliono che San Marino non sia un porto franco? Ovviamente siamo d’accordo, ma ci riconoscano l’opportunità di sviluppare dignitosamente altri canali economici!
Si deve concordare con l’UE l’esonero per San Marino dalla sottoscrizione del TTIP, un accordo transatlantico favorevole alle multinazionali che elimina i vincoli normativi che impediscono la circolazione delle loro merci nei paesi UE e USA. Ad esempio noi non vogliamo cibo ogm. Con quel trattato non solo dovremmo accettare che esso circoli da noi, ma non potremmo in alcun modo impedirlo, e il nostro tribunale perderebbe ogni potere in merito. Dunque nessun TTIP se si vuole preservare la sopravvivenza della Repubblica di San Marino. Chi favorirà tale trattato sarà né più né meno un traditore della patria.
Dobbiamo ottenere un’effettiva parità di trattamento per la circolazione delle merci prodotte a San Marino. Evidentemente non è stato sufficiente sottoscrivere nel 1993 “l’Accordo di cooperazione e di unione doganale con la Comunità economica europea” per garantire che i prodotti sammarinesi venissero considerati come merci UE, considerato che le nostre imprese continuano ad avere problemi con le dogane. Ciò significa che se dietro la sottoscrizione degli accordi e degli impegni non c’è un forte lavoro politico e diplomatico, è inutile fare accordi. Di sicuro i negoziati con l’UE dovrebbero essere l’occasione giusta per eliminare definitivamente il T2 (documento di transito doganale) che tanti problemi ha causato, e continua a causare, alle aziende nostrane. In tal senso sarà necessario applicare a San Marino un sistema fiscale sul valore aggiunto assimilabile a quello europeo. Spiace che il governo, però, abbia deciso di spendere consulenze folli (al momento 350.000 euro) per dare ad uno studio italiano l’onere di preparare tale modello per noi: siamo certi che a San Marino ci sono le professionalità idonee.
Vanno poi tutelati i nostri prodotti agroalimentari locali, e in tal senso dovremo pretendere spazi di libertà per fare di San Marino il primo Stato al mondo totalmente biologico. Senza misure di tutela di tale natura, i nostri territori saranno preda di coltivazioni qualitativamente pessime e biologicamente incerte, contribuendo a distruggere il nostro equilibrio naturalistico già massicciamente minacciato da decenni di agricoltura convenzionale e speculazione edilizia.
Si dovrebbe poi rimettere in discussione alcuni vincoli contenuti nell’accordo bilaterale con l’Italia del 1939, oramai datato e lesivo di alcuni nostri diritti di Stato sovrano. Sopra ogni altro, si deve trattare la possibilità di ristabilire a San Marino una sovranità monetaria. San Marino è uno Stato, non è in eurozona, ha una banca centrale. Dovrebbe poter anche coniare, se lo considera vantaggioso, una moneta propria, magari complementare all’euro da usare come cambio fisso, ma tale da poter liberare liquidità da usare internamente. In tal senso sarà necessario fare lunghi approfondimenti con tecnici del settore… ma caro governo, te li troviamo noi, autorevolissimi e pressoché gratuiti, che se li chiami tu spendi centinaia di migliaia di euro nostri come al solito!
Infine (ma potrebbero essere tanti altri i punti) si deve trattare la fine del monopolio radiotelevisivo a San Marino, aprendo il nostro territorio a competitor e limitando di molto la spesa attualmente sostenuta per la TV di Stato.
Dovrà poi venir rivista la nostra presenza consolare all’estero, limitandola ai soli paesi strategici e utilizzando, negli altri, i consolati italiani come prevede l’accordo del ’39.
Su tutti questi elementi, come si vede fondamentali per il futuro di San Marino, perché il governo non si è mai confrontato pubblicamente con i sammarinesi?
Perché dare il pallino in mano a un Valentini qualunque e lasciare che faccia un po’ quello che gli pare, rischiando di trasformare una trattativa dura e delicata in una passerella dove San Marino rischia di calare le braghe senza avere alcuna idea dei risultati da ottenere?