Rete: "Siamo ancora una democrazia?"
In una dittatura è facile identificare il nemico e, quindi, ribellarsi. Pensiamo alla seconda guerra mondiale: per i partigiani il nemico erano nazisti e fascisti, che incendiavano case, sterminavano interi villaggi, per non parlare dei campi di concentramento e delle torture. Contro un nemico così efferato, l’unica soluzione possibile era imbracciare il fucile e opporre resistenza a costo della vita.
Sembrerà paradossale, ma ai giorni nostri identificare il nemico non è altrettanto immediato perché quella a cui siamo sottoposti è una dittatura mascherata da democrazia. Una dittatura delle coscienze. Non è sanguinaria, non cancella le leggi, ma è dilaniante per chi è costretto a subirne gli effetti. Perché la mano di chi ti concede qualche briciola per sopravvivere è la stessa di chi produce norme per limitare le libertà e i diritti, la stessa mano di chi rende quelle norme incomprensibili affinché i cittadini non possano capirle ma esservi assoggettati senza alcuna speranza di replica.
In un regime di democrazia apparente, come è quello che da anni connota la nostra Repubblica, i rappresentanti del popolo trovano legittimazione nelle elezioni politiche. Ma cosa succede quando salta fuori che le elezioni sono taroccate, che il voto di scambio è la pratica più diffusa tra i sammarinesi (residenti in territorio e all’estero) e che grazie a questo la competizione elettorale è stata drogata, consegnando il potere di amministrare la cosa pubblica non nelle mani delle persone con la migliore progettualità e capacità bensì a quelle con il portafoglio più gonfio? E quando la magistratura scopre che grazie a questa pratica si è creata un’associazione a delinquere e che i poteri forti (massoneria, mafie di vario genere ecc) si sono presi in ostaggio le nostre istituzioni, come fanno i cittadini a ribellarsi?
Il nemico c’è, ma è invisibile. La sua presenza aleggia e permea ogni cosa intorno noi. E’ palpabile per ogni normale cittadino; è evidente per chi, per lavoro o per passione, si trova ad avere a che fare col mondo della politica.
Il nemico è in ogni delibera e verbale che il Congresso di Stato non pubblica, nel suo potere concessorio nel rilascio delle licenze (pubblicamente condannato ma sempre ampliato), nei contratti assegnati tramite licitazione privata, in ogni nomina discrezionale, in chi nasconde le proprie attività dietro alle fiduciarie; il nemico è in chi si ostina a non tagliare sprechi e privilegi per continuare mettere le mani in tasca ai dipendenti e agli imprenditori sani; in chi rimane impassibile - pur avendo il poter ed intervenire - di fronte a lavoro nero, di fronte alle centinaia di milioni di monofase non pagata, di fronte alle aziende che utilizzano la cassa integrazione come voce di bilancio o vi attingono a piene mani pur di non pagare le ferie ai dipendenti. In chi ha chiesto aiuto alle mafie di mezzo mondo, permettendo che si insediassero in Repubblica, e in chi non fa nulla per sradicarle o, ancora peggio, fa solo finta di volerle sradicare.
È incredibile che tutti i governi che si sono susseguiti siano riusciti ad operare come provetti “Re Mida al contrario”, trasformando non certo in oro tutto quello che capitava sotto il loro tocco. Grazie a questo dono, tramandato negli anni, Francesco Mussoni sta smembrando la sanità pubblica, menando per il naso 11.000 elettori che lo hanno bastonato ai referendum di giugno 2014 su libere professioni e Fondiss e prestando il fianco ai privati che vedono la sanità solo come un lucroso affare. Grazie a questo dono, Giuseppe Maria Morganti ha fatto perdere numerosi punti al sistema scolastico, arrivando a tagliare persino sulla refezione dei bambini e sui giochi nei giardini delle scuole, costringendo i genitori ad organizzare autofinanziamenti per acquistarli. Eppure i soldi per il progetto esecutivo del Polo Museale di Tadao Ando riescono a trovarli. E mica bruscolini, parliamo di 250mila euro. Anche quelli per il padiglione all’Expo di Milano e per gli incentivi alle imprese che poi scappano senza pagare i dipendenti.
La lotta a cui siamo chiamati non ci chiede di lasciare le nostre famiglie e andare a sparare sui monti. E’ una lotta che richiede tutta la nostra lucidità, attenzione, consapevolezza, solidarietà. Per leggere i fatti di ieri alla luce delle evidenze di oggi e non sbagliare più i nostri interlocutori".
Comunicato stampa Rete
Marianna Bucci