Al via l’iter consiliare per la riforma della pubblica amministrazione. Oltre alla legge quadro, tre i progetti di legge collegati, in prima lettura, tra cui le norme di disciplina per i dipendenti pubblici. Per chi fa il furbo, nella pubblica amministrazione, aumenta il rischio di sanzioni e si riduce il rischio di eccessive lungaggini in caso di concomitante processo penale. Il licenziamento è la sanzione disciplinare più pesante, mentre per le altre inosservanze o violazioni, si parte dall’ammonizione, poi c’è la censura ed anche la sospensione dal servizio. L’ammonizione viene applicata direttamente dal dirigente del servizio: consiste in un rimprovero scritto. Anche la censura è un “biasimo” scritto che resta nel fascicolo personale del dipendente. Ma a decidere è il Capo del Personale che può esercitare questo tipo di azione disciplinare per una serie di motivi, tra cui: la negligenza; il contegno scorretto; la condotta inadeguata, anche al di fuori dell’ambiente di lavoro; la violazione del segreto d’ufficio; l’inosservanza dell’orario, l’assenza ingiustificata di un giorno; l’allontanamento non autorizzato dal servizio. A decidere sulla sospensione, fino ad un massimo di sei mesi, è la commissione disciplina, su iniziativa del Capo del Personale. Le ragioni che possono far scattare il provvedimento sono, tra le altre: l’insubordinazione; l’uso dell’impiego a fini personali; l’abuso di autorità; ma anche la tolleranza di abusi commessi da subordinati e l’uso indebito di somme amministrate. Qualora le violazioni, già previste per la sospensione, siano di particolare gravità può scattare il licenziamento. La sanzione più grave, nella gerarchia disciplinare, può essere applicata anche al dipendente che è già stato sospeso due volte negli ultimi 15 anni, a chi svolge abitualmente attività incompatibili col pubblico impiego e a chi sia stato condannato ad una pena non inferiore ad un anno.
Luca Salvatori
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