A partire dal primo gennaio 2019 l’età pensionabile verrà innalzata ogni anno di sei mesi per arrivare al primo gennaio del 2021 a 66 anni. La pensione di anzianità di cui si usufruisce a 60 anni e 40 anni di contributi rimane invariata. Le aliquote contributive per tutti i lavoratori autonomi verranno portate progressivamente al 22% nel 2019. I lavoratori dipendenti pagheranno il 5,4% nel 2016 contro il 3,9% attuale, per un aumento dello 0,30% annuo. Le aliquote complessive per ogni dipendente saranno del 21,50%, le stesse dei lavoratori autonomi. Rimarranno invece invariate per i lavoratori agricoli. In sintesi, tutti coloro che cominceranno a lavorare dal 1 gennaio del 2011 e che quindi saranno soggetti per tutta la loro vita lavorativa alla nuova legge, andranno in pensione con il 65% dello stipendio. Tradotto: con 2000 euro al mese la pensione sarà di 1.300 euro circa. Si punta inoltre alla semplificazione. Dai sette fondi della legge del ’90 si passa a tre: lavoratori dipendenti, autonomi, agricoli. Ogni macrocategoria è tenuta a garantire l’autosufficienza del proprio fondo pensioni. Nella nuova categoria “Gestione residuale lavoratori autonomi” confluiranno tutti gli artigiani e commercianti andati in pensione prima del 31 dicembre 2004. Altra novità: compaiono categorie in passato non valide ai fini pensionistici. Entrano cioè a far parte come nuovi assicurati nella gestione separata anche gli amministratori di società, tutti coloro che hanno contratto di collaborazione e i soci di srl che hanno quota maggiore del 10% e che prestano lavoro esclusivo all’interno della propria azienda.
Monica Fabbri
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