Servizi segreti a San Marino, la proposta del generale Gentili
Non dev'essere una mega struttura che comporti chissà quali costi. Per il generale Alessandro Gentili, comandante della Gendarmeria, basta un ufficio, “la vedo come una cosa piccolissima, embrionale – ha spiegato in commissione Esteri nell'illustrare la sua relazione – A noi servono un paio di persone che siano referenti ufficiali di chi fa lo stesso mestiere in Italia e negli altri Paesi. Stabilirete voi – ha aggiunto – l'autorità cui risponderanno e chi li deve dirigere”. Il generale ritiene sia una lacuna che uno Stato sovrano non deve avere, “San Marino tiene molto alla sua sovranità – ha sostenuto infatti – e deve avere una porta con la targa Servizi segreti. Quando non ci sono si presta il fianco a strumentalizzazioni e problemi di ogni genere”. E un problema si è in effetti presentato quando trapelò la notizia che erano stati divulgati i nomi dei correntisti, nel caso Smi. La domanda più frequente che circolava all'epoca era con chi potessero aver trattato i servizi segreti italiani. E in effetti, in casi di questo tipo, chi potrebbe essere la persona preposta a ricevere determinate informazioni o a darne? L'obiettivo della proposta dunque è chiaro, San Marino come ogni Stato autonomo dovrebbe avere un referente, formato. Per il generale basterebbero anche due persone, da inviare in Italia per poco tempo, tre mesi al massimo. Il governo non sembra escludere l'ipotesi Servizi segreti, anzi: il segretario agli Esteri Valentini, in commissione, ha prontamente replicato che “E' un problema di autonomia della sovranità dello Stato, e non possiamo affidarci ad autorità degli altri Paesi, oltretutto è un'esigenza nel passaggio di internazionalizzazione”.