Una vicenda partita in Italia nel 1993 con l’inchiesta romana sui fondi Sisde accantonati e che si è poi dipanata tra capitale italiana e San Marino. L’anno scorso l’accordo sui 14 miliardi di lire. Il collegio dei garanti nel 2004 aveva respinto tutti i ricorsi presentati in merito alla restituzione di fondi, sia quello dell’Italia, sia il reclamo presentato da alcuni imputati del processo sui “fondi neri del Sisde” per far annullare una precedente decisione del tribunale sammarinese. Con questa infatti veniva accolta la richiesta italiana di confiscare, nei confronti dei 4 funzionari Sisde, i miliardi depositati al Credito Industriale Sammarinese, che – secondo loro - erano fondi autorizzati per operazioni speciali. Per l’avvocatura dello stato, che intervenne al processo a San Marino, così come per la magistratura italiana erano invece il frutto del reato di truffa e peculato, in relazione proprio alla sottrazione di somme miliardarie dalle casse dei servizi segreti civili. Per questo i 4 funzionari erano stati condannati a pene variabili dai 5 anni e 5 mesi ai 7 anni e 2 mesi, confermate dalla cassazione nell’ottobre 2000. Restava il problema della restituzione delle somme: fu la stessa magistratura sammarinese, ordinando di incamerare all’ erario del Titano le somme riconducibili ai fondi Sisde, a suggerire la possibilità per i due stati di arrivare a un accordo sulla base del diritto internazionale. Intesa sottoscritta il 23 settembre scorso tra i due stati che ha riportato i miliardi nelle casse del servizio informazioni sicurezza democratica.
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