Sinistra Unita. Centrale del Latte: una costosa privatizzazione
In termini economici sarebbe un vero e proprio salasso perché, da un lato si perderebbe un’azienda che - nonostante tutto - si autosostiene, dall’altro lo Stato per gli anni a venire dovrebbe pagare oltre 600 mila euro annui di stipendio a quei lavoratori della Centrale che senza ombra di dubbio, potendo scegliere tra essere privatizzati o passare nella PA, opteranno per diventare dipendenti pubblici.
Per sostenere la privatizzazione si sono usati diversi argomenti, primo fra tutti la precarietà dell’immobile, ritenuto igienicamente inidoneo a ospitare un’attività che produce alimenti. Ma per ovviare a questo problema basterebbe trasferirla in uno dei tanti locali di proprietà dello stato rimasti desolatamente vuoti e inutilizzati. Inoltre se l’obiettivo è quello di cedere l’azienda ci chiediamo per quale motivo la Centrale ha recentemente effettuato investimenti in macchinari nuovi per oltre 180 mila euro. Praticamente un regalo per i nuovi gestori!
Oggi la manifestazione d’interesse pubblicamente espressa dagli allevatori sammarinesi cambia le carte in tavola. Infatti se la scelta dovesse essere quella tra una sconosciuta azienda italiana lontana centinaia di chilometri dal nostro territorio e i nostri allevatori, non vi sono dubbi che la scelta debba ricadere su questi ultimi, perché solo così si potrebbe garantire la tracciabilità e la tipicità del prodotto lattiero – caseario.
Noi ci auguriamo che si possa trovare una soluzione atta ad evitare una privatizzazione che a queste condizioni sarebbe solamente un costo per la collettività.
Auspichiamo invece il rilancio della Centrale del Latte che deve investire nella ristrutturazione dei locali o trasferirsi altrove, puntare sull’incremento della produzione e delle vendite di prodotti tipici.
E infine includere gli stessi allevatori e la grande distribuzione sammarinese nel consiglio di amministrazione dell’azienda per renderli partecipi delle sue scelte strategiche, scelte che potrebbero essere maggiormente condivise anche grazie al supporto di un azionariato popolare che, senza stravolgere l’impianto giuridico dell’azienda, potrebbe garantirle quei presupposti di intimo e imprescindibile legame con il territorio.