“Una telefonata lunga ed estremamente cordiale”, così è stato definito – dallo staff della Casa Bianca – il colloquio a distanza tra Donald Trump e Xi Jinping. Un dialogo atteso, dopo il gelo diplomatico – tra i due colossi dell'economia mondiale - che aveva caratterizzato queste settimane. Ciò che è più importante – per gli equilibri geopolitici – è la promessa del Presidente degli Stati Uniti di rispettare la tradizionale linea politica americana, che da decenni riconosce “una sola Cina”. Non era affatto scontato dopo il “flirt” di Trump con la leadership di Taiwan: una mossa che aveva provocato estrema irritazione a Pechino, già preoccupata dal possibile appeasement tra Washington e Mosca, che potrebbe privare la Cina di un partner strategico per gli approvvigionamenti energetici. Da tempo, del resto, si sta preparando l'incontro tra l'inquilino della Casa Bianca e Vladimir Putin. La location potrebbe essere la Capitale del Paese d'origine della nuova first lady. “Lubiana – ha confermato il Presidente russo, al termine di un vertice con il premier Sloveno Pahor - è un ottimo luogo per avere incontri di questo tipo, ma non dipende solo da noi”. Nel frattempo Trump lascia intuire un cambio di rotta nei confronti di Israele. “Non penso – ha detto in un'intervista - che andare avanti con gli insediamenti sia un bene per la pace”. Ma è sul fronte interno che la situazione resta complicata per il Presidente statunitense. La Corte d'Appello federale di San Francisco, infatti, ha negato il ripristino del bando temporaneo contro l'ingresso negli States di cittadini provenienti da sette Paesi considerati a rischio terrorismo. “Decisione politica”, ha twittato Trump, che annuncia ora un ricorso alla Corte Suprema.
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