Chi è Amanda Gorman la poetessa che all’inauguration day ha conquistato tutti?
“C’è sempre luce, se siamo abbastanza coraggiosi da vederla”
Qualche giorno fa, abbiamo assistito alla cerimonia di insediamento del nuovo Presidente degli Stati Uniti d'America, Joe Biden, un avvenimento importante in un momento storico come questo dove più che mai si sente il bisogno di porre in evidenza il valore della democrazia. Ed è proprio in questo scenario che Amanda Gorman, giovane poetessa afroamericana, si affaccia al paese per leggere i versi della sua poesia.
"Abbiamo visto una forza che voleva scuotere il nostro Paese anziché tenerlo insieme.
Voleva distruggerlo, rimandando la democrazia.
Ci è quasi riuscita.
Ma se la democrazia può essere periodicamente rimandata, non può essere distrutta per sempre."
Chi è Amanda Gorman?
Amanda è una poetessa e attivista di 22 anni, nata a Los Angeles in un quartiere afroamericano che lei stessa definisce particolare, un mix di eleganza e cultura latina. Frequenta la scuola a Malibù, vive con la madre insegnante, Joan Wicks, e i suoi fratelli.
Durante la sua infanzia trascorre le giornate seduta su una panchina a scrivere sul diario e a creare il suo dizionario personale. Durante quel periodo confida di essersi sentita un "alieno", proprio perchè a differenza dei suoi coetanei che preferivano giocare o guardare la tv, lei era rapita dalla lettura e animata dalla curiosità di scoprire e fare tutto.
L'attitudine alla scrittura e la predilezione di questa rispetto al parlato nasce dal fatto di non riuscire a pronunciare determinati suoni, difficoltà che la metteva in forte imbarazzo.
Eppure Amanda non si ferma, ricerca e trova la sua voce grazie alla lettura e alle parole di Toni Morrison, scrittrice da lei molto amata e che le permette di credere che anche lei poteva divenire la protagonista di una storia: la sua!
Ci racconta di una giovane donna afroamericana molto coraggiosa che non si vergogna di nulla e che sa cosa significa vivere in un mondo che ti mette a tacere. La sua promessa è quella di continuare a fotografare attraverso la scrittura la vita di chi vive ai bordi del mondo, degli emarginati.
E' così che nel 2017 riceve il titolo di National youth poet laureate (giovane poetessa laureata a livello nazionale) e nel frattempo consegue la laurea con lode in sociologia ad Harvard.
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20 gennaio 2021
Una giornata che ricorderà, la sua poesia intitolata “The hill we climb” scuote milioni di persone, arriva al cuore accompagnandoci in un viaggio in cui condivide i suoi sogni, ci parla del desiderio di un futuro che può esistere a patto che ciascuno di noi inizi a credere in se stesso.
Per cinque minuti siamo rimasti incantati di fronte ad una giovane donna che racconta di sè e delle sue origini legate alla schiavitù afroamericana, di un America sofferente, ma che può contare sull'unità del suo popolo per risollevarsi e ricominciare tutto daccapo.
In pochissimo tempo il suo intervento fa il giro del web e quel sole che in quel momento scaldava il Congresso ha accompagnato anche le parole di Amanda Gorman: “C’è sempre luce, se siamo abbastanza coraggiosi da vederla”.
IL TESTO DELLA POESIA "THE HILL WE CLIMB", TRADOTTO IN ITALIANO
Quando arriva il giorno,
ci chiediamo dove possiamo trovare una luce in quest’ombra senza fine?
La perdita che portiamo sulle spalle è un mare che dobbiamo guadare.
Noi abbiamo sfidato la pancia della bestia.
Noi abbiamo imparato che la quiete non è sempre pace,
e le norme e le nozioni di quel che «semplicemente» è non sono sempre giustizia.
Eppure, l’alba è nostra, prima ancora che ci sia dato accorgersene.
In qualche modo, ce l’abbiamo fatta.
In qualche modo, abbiamo resistito e siamo stati testimoni di come questa nazione non sia rotta,
ma, semplicemente, incompiuta.
Noi, gli eredi di un Paese e di un’epoca in cui una magra ragazza afroamericana,
discendente dagli schiavi e cresciuta da una madre single,
può sognare di diventare presidente,
per sorprendersi poi a recitare all’insediamento di un altro.
Certo, siamo lontani dall’essere raffinati, puri,
ma ciò non significa che il nostro impegno sia teso a formare un’unione perfetta.
Noi ci stiamo sforzando di plasmare un’unione che abbia uno scopo.
(Ci stiamo sforzando) di dar vita ad un Paese
che sia devoto ad ogni cultura, colore, carattere e condizione sociale.
E così alziamo il nostro sguardo non per cercare quel che ci divide,
ma per catturare quel che abbiamo davanti.
Colmiamo il divario, perché sappiamo che, per poter mettere il nostro futuro al primo posto,
dobbiamo prima mettere da parte le nostre differenze.
Abbandoniamo le braccia ai fianchi così da poterci sfiorare l’uno con l’altro.
Non cerchiamo di ferire il prossimo, ma cerchiamo un’armonia che sia per tutti.
Lasciamo che il mondo, se non altri, ci dica che è vero:
Che anche nel lutto, possiamo crescere.
Che nel dolore, possiamo trovare speranza.
Che nella stanchezza, avremo la consapevolezza di averci provato.
Che saremo legati per l’eternità, l’uno all’altro, vittoriosi.
Non perché ci saremo liberati della sconfitta,
ma perché non dovremo più essere testimoni di divisioni.
Le Scritture ci dicono di immaginare che ciascuno possa sedere sotto la propria vite
e il proprio albero di fico e lì non essere spaventato.
Se vorremo essere all’altezza del nostro tempo,
non dovremo cercare la vittoria nella lama di un’arma, ma nei ponti che avremo costruito.
Questa è la promessa con la quale arrivare in una radura,
questa è la collina da scalare, se avremo il coraggio di farlo.
Essere americani è più di un orgoglio che ereditiamo.
È il passato in cui entriamo ed è il modo in cui lo ripariamo.
Abbiamo visto una forza che avrebbe scorsso il nostro Paese anziché tenerlo insieme.
Lo avrebbe distrutto, se avesse rinviato la democrazia.
Questo sforzo è quasi riuscito.
Ma se può essere periodicamente rinviata,
la democrazia non può mai essere permanentemente distrutta.
In questa verità, in questa fede, noi crediamo,
Finché avremo gli occhi sul futuro, la storia avrà gli occhi su di noi.
Questa è l’era della redenzione.
Ne abbiamo avuto paura, ne abbiamo temuto l’inizio.
Non eravamo pronti ad essere gli eredi di un lascito tanto orribile,
Ma, all’interno di questo orrore,
abbiamo trovato la forza di scrivere un nuovo capitolo,
di offrire speranza e risate a noi stessi.
Una volta ci siamo chiesti: “Come possiamo avere la meglio sulla catastrofe?”.
Oggi ci chiediamo: “Come può la catastrofe avere la meglio su di noi?”.
Non marceremo indietro per ritrovare quel che è stato,
ma marceremo verso quello che dovrebbe essere:
Un Paese che sia ferito, ma intero, caritatevole, ma coraggioso, fiero e libero.
Non saremo capovolti o interrotti da alcuna intimidazione,
perché noi sappiamo che la nostra immobilità,
la nostra inerzia andrebbero in lascito alla prossima generazione.
I nostri errori diventerebbero i loro errori.
E una cosa è certa: Se useremo la misericordia insieme al potere, e il potere insieme al diritto,
allora l’amore sarà il nostro solo lascito e il cambiamento, un diritto di nascita per i nostri figli.
Perciò, fateci vivere in un Paese che sia migliore di quello che abbiamo lasciato.
Con ogni respiro di cui il mio petto martellato in bronzo sia capace,
trasformeremo questo mondo ferito in un luogo meraviglioso.
Risorgeremo dalle colline dorate dell’Ovest.
Risorgeremo dal Nord-Est spazzato dal vento,
in cui i nostri antenati, per primi, fecero la rivoluzione.
Risorgeremo dalle città circondate dai laghi, negli stati del Midwest.
Risorgeremo dal Sud baciato dal sole.
Ricostruiremo, ci riconcilieremo e ci riprenderemo.
In ogni nicchia nota della nostra nazione, in ogni angolo chiamato Paese,
La nostra gente, diversa e bella, si farà avanti, malconcia eppure stupenda.
Quando il giorno arriverà, faremo un passo fuori dall’ombra, in fiamme e senza paura.
Una nuova alba sboccerà, mentre noi la renderemo libera.
Perché ci sarà sempre luce,
Finché saremo coraggiosi abbastanza da vederla.
Finché saremo coraggiosi abbastanza da essere noi stessi luce.