La formula matematica per le interrogazioni a sorpresa
Il metodo del libro aperto a caso non è equo secondo il calcolo delle probabilità
Tra i nostri "bei" ricordi della scuola, senz'altro ci saranno anche quei terribili momenti quando la/il prof di turno, brandendo il registro, annunciava con piglio deciso :"Oggi interrogo a sorpresa"!
Subito un'ondata di panico investiva la classe, si moltiplicavano patetici tentativi di nascondersi alla vista dell'insegnante, si presentavano balbettando surreali giustificazioni dell'ultimo momento. Indifferente a tutto il docente proseguiva scegliendo il soggetto dell'interrogazione con il metodo del libro aperto a caso (si apre in un punto casuale, si sommano le cifre del numero della pagina e lo studente che nell'elenco è nella posizione del risultato di questa somma viene interrogato).
Ma gli amici di Focus, il mensile di scienza, sociologia e attualità, ci informano che il metodo del "libro aperto a caso" utilizzato da molti insegnanti, convinti della bontà e della equità di questo sistema, il realtà sia davvero poco corretto secondo il calcolo delle probabilità. E questo può creare delle "ingiustizie": chi viene chiamato spesso e chi mai nelle terribili interrogazioni a sorpresa.
L'esempio che Focus prende in esame è quello di una classe di 22 studenti. Col metodo classico matematicamente il primo in ordine alfabetico ha una probabilità dello 0,6% di essere interrogato, mentre l'11° viene estratto con una probabilità dell'8,8%!, la più alta in assoluto.
Da qui il suggerimento del metodo del "resto+1". In breve, cari docenti: prendete un libro corposo, così da avere più possibilità numeriche, apritelo a caso e dividete il numero della pagina per il numero degli studenti della classe. Si otterrà ovviamente un risultato ed un resto. A questo resto va sommato 1.
Attenzione prof! bisogna sempre sommare 1, per evitare un possibile loop con lo zero (e i docenti di matematica potranno spiegarci bene il perchè, e magari preparare una verifica sul tema.. o no?)
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E' il suggerimento di William Bertolasi e Michele Mauri, rispettivamente "solito fortunato" e "solito sfortunato" nella loro lunga carriera scolastica, nonchè autori dell'articolo.