Morto Gianmaria Testa, il cantautore dei migranti e dei poveri.
Sono anche affettuosi, capisco che mi cercano, che vogliono sapere di me. E alla fine mi sono reso conto che è meglio raccontare. Ho un tumore, l'ho scoperto a gennaio. Non è operabile. Ho fatto cinque cicli, il tumore si è ridotto. Ma i medici mi hanno detto che ora devo annullare ogni impegno che non sia curarmi. Avere cura di me". Aveva creduto fino alla fine di farcela. E aveva detto più volte agli amici di non avere paura. "Ho imparato molto di questa malattia - aveva ancora detto - sono andato spesso a suonare negli ospedali. Quando hai un cancro devi conviverci come essere in due, ma si può reagire. E' una malattia che crea panico, che si fatica a nominare, ma è sbagliato. Ho ammirato molto Emma Bonino quando disse 'io non sono la mia malattia'".
Gianmaria Testa aveva 57 anni ed era nato a Cavallermaggiore, nel cuneese, in una famiglia di agricoltori, ma amava la musica da sempre. Ha fatto il ferroviere e poi il capostazione a Cuneo, fino al 2007, quando si rese conto che non riusciva più a conciliare i due mestieri, il cantautore che girava il mondo, e il ferroviere. Vinse due volte il festival di Recanati, e i primi due dischi, 'Mongolfieres' e 'Extra-Muros' li pubblicò in Francia, paese che si innamorò di lui fino ad accoglierlo, più volte, sul palco dell'Olympia, il più famoso teatro di Parigi. Quindi finalmente si accorse di lui anche l'Italia, dove, nel 2000 pubblicò il suo terzo album 'Il valzer di un giorno, cui ne seguirono altri sei. Non molti, ma tutti profondi come 'Da questa parte del mare', dedicato alle migrazioni moderne, e l'ultimo 'Men at work', un live. Piano piano arrivò il successo, fatto comunque di understatement alla piemontese, come se di quel successo si vergognasse.
ANSA