Sanremo, Baglioni 'sagrestano' di un Festival 0.0
"Se la Rai ha scelto me è perché ha voluto dare un segno di discontinuità con il passato: sarà un festival 0.0, né nel segno della tradizione, né chissà di quale evoluzione", racconta Baglioni alla prima uscita pubblica da neo direttore artistico.
"Avevo paura perché non mi ritenevo all'altezza, perché il tempo era poco, perché è una cosa più grande di me. Poi, dato che sono stato al festival come ospite due volte e non c'è due senza tre, mi sono concesso il lusso di accettare. Probabilmente tutto nasce dall'insensatezza di quando si ha alle spalle una carriera lunga 50 anni. E pensare che da ragazzino avevo il terrore di essere trasparente... Mio malgrado sono diventato personaggio pubblico e ho passato una vita a sentirmi inadeguato, il festival è una sorta di moloch". Baglioni segna con decisione la nuova rotta (tanto che auspica - tra il serio e il faceto - un festival di due settimane, con mostre ed eventi collaterali). Lo ha dimostrato nella scelta dei nomi, dal gusto vagamente retro. "E' stata un'operazione molto complessa. Abbiamo cercato di fare del nostro meglio. Le rinunce sono state dolorose, ma sulle 140 candidature che sono arrivate la linea guida è stata una: gli artisti in gara dovevano essere riconoscibili in termini di carriera. E' venuta meno l'attenzione sui nuovissimi artisti, ma a rappresentare il presente ci sono già le nuove proposte.
Inoltre abbiamo puntato sugli autori, una categoria che, complice anche la proliferazione dei talent, è rimasta un po' indietro rispetto a quella degli interpreti". La stella polare che illuminerà il palco dell'Ariston, nel progetto del cantautore romano, è il binomio "Musica e parole".
"Non cerco un festival che sia vetrina televisiva, né troppo provinciale per ospitare divi hollywoodiani, che alla fine offrono prove non all'altezza. Gli ospiti ci saranno, i comici anche e vorrei che il racconto passasse anche attraverso il loro ausilio. Ma il festival deve avere quel carattere di eccezionalità che merita. Il concorso rimane, ma senza eliminazione, e con i brani che durano di più. E poi questa è l'edizione n.68, come l'anno in cui prese forma il sogno utopistico di un mondo più bello e migliore. Io spero di andare pochissimo sul palco, con il passato da chierichetto che ho, spero più in un ruolo da sagrestano". Vuole essere un "conducente", un capitano coraggioso, anche un traghettatore, "o chiamatemi architetto, perché sono iscritto all'albo e se le cose vanno male, posso venire a spostarvi un muretto o a rifarvi il bagno di casa" - scherza -, ma "ieri mi hanno fatto i complimenti per essere il dittatore artistico. Be', così no". Di pressioni dice di non averne ricevute, tranne "un paio di telefonate di un ex ministro e di un alto prelato". Tra i colpi messi a segno, c'è quello di aver riportato Elio e le Storie Tese al Festival, dopo l'annuncio del loro addio.
"Ho detto loro che se volevano essere creduti dovevano venire a Sanremo e finire la loro carriera lì. Spero però che siano i soli a farlo", ironizza, spiegando che da direttore artistico "non eunuco" si è preso la libertà di sollecitare modifiche o suggerire collaborazioni. Rivendica anche il merito di aver proposto a Ron di presentare un brano inedito di Lucio Dalla.
Facchinetti e Fogli, invece, "li ho invitati per aver qualcuno più vecchio di me", è la risposta divertita. Sull'assenza di alcuni generi come il rap, o sulla poca rappresentanza femminile, ha spiegato di non aver "ricevuto tante proposte. I rapper guardano a Sanremo come a mondo lontano. E le donne... è una questione statistica: ce ne sono meno".
fonte ANSA