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Tony Bennett, ritirami? E perché?

27 giu 2017
Tony Bennett, ritirami? E perché?
L'ultimo dei grande crooner americano. Una leggenda vivente. Diciannove Grammy in bacheca. Milioni di dischi venduti, centinaia di migliaia di persone che lo hanno applaudito dal vivo. E continuano a farlo. Per Tony Bennett, 91 anni ad agosto, gli aggettivi sembrano non essere mai all'altezza dell'artista, che di recente ha fatto un passaggio al Rumors Festival a Verona, per l'unica data italiana dell'estate.
"Io una leggenda vivente? Sembrerà umile da parte mia, ma cerco solo di essere una brava persona, di intrattenere il pubblico e di farlo stare bene - dice Bennett all'ANSA -. Questo è sempre stato il mio obiettivo da artista: dare loro il meglio affinché possano dire 'mi sono davvero divertito stasera'". Ma a 91 anni, dove trova ancora l'energia e l'entusiasmo per continuare a girare i palchi di mezzo mondo? "Io amo quello che faccio - cantare e dipingere - e sono stato molto fortunato che sia diventato il mio lavoro. Il mio cognome all'anagrafe è Benedetto, e benedetto è proprio come io mi sento: quindi voglio continuare a cantare e dipingere il più a lungo possibile. Devo il mio buono stato di salute anche a mia moglie Susan, che è una fantastica cuoca che prepara pasti molto salutari per me e si preoccupa che io faccia esercizio fisico almeno tre volte a settimana".
Mai avuta la tentazione di lasciare le scene e ritirarsi? "Da tempo me lo chiedono e io rispondo sempre: 'ritirarmi da cosa? da quello che amo di più?'. Capisco che se hai un lavoro che non ti interessa, andare in pensione è un'opportunità per fare le cose che ti appassionano, ma io amo intrattenere e voglio continuare a farlo".
Spesso ha detto di essere cresciuto in un'epoca migliore rispetto a quella attuale per quanto riguarda la qualità della musica e che non ci sono più grandi artisti che durano nel tempo. Quando e perché abbiamo perso la rotta? "Gli anni Venti, Trenta e Quaranta sono stati un'epoca d'oro con tanti maestri compositori - Duke Ellington, Cole Porter, Gershwins, Irving Berlin -, che hanno creato un tesoro di musica popolare che io considero la musica classica d'America. E allo stesso tempo c'erano cantanti come Louis Armstrong, Judy Garland, Billie Holliday, Ella Fitzgerald, Frank Sinatra che sono stati mini-monumenti in termini di arte e stile individuale. Negli ultimi anni la musica è diventata business, e l'unico obiettivo è quello di vendere milioni di dischi. A discapito della qualità. A farne le spese sono soprattutto i giovani che subiscono forti pressioni e cercano un successo immediato ricalcando quelli che già lo hanno avuto, e questo impedisce loro di sviluppare la loro personale creatività". Parlando di giovani, ha stupito nel 2014 l'album con Lady Gaga, Cheek to Cheek. Un incontro non solo tra artisti, ma tra generazioni. Cosa avete imparato uno dall'altra? "Verissimo. Anche se tra noi ci sono 60 anni di differenza siamo entrati subito in sintonia e ci siamo capiti. Siamo entrambi italo-americani e questo ci accomuna. E poi abbiamo un rispetto reciproco. Lei lavora sodo e mette impegno anche nei più piccoli dettagli: è una vera artista a sincera con se stessa. Un nuovo lavoro insieme? Lo spero". Le origini italiane. Cosa le è rimasto? "Amo l'Italia, e con mia moglie siamo venuti ogni estate per molti anni. Tornare in Italia è come tornare a casa. Abbiamo tanti amici. E quando torno passo il mio tempo a dipingere la campagna o a gustare cibo delizioso e vino. Non devi essere italiano per amare l'Italia, ma per me è speciale tornare dove la mia famiglia ha le sue origini".

fonte ANSA

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