Il pomeriggio con la Palmisano che salvicchia la povera Italia si archivia in fretta in favore dei riflettori accesi sul gran finale. Sulla croata Perkovic che lancia il disco a 70,31 misura che vale oro sull'australiana Stevens e la francese Robert-Michon. Qatariota di nascita e non solo di passaporto è il vincitore dell'alto. Essa Mutaz Barshim vive e si allena a Doha nel futuristico centro Aspire, dicono il più attrezzato del mondo. E comunque utile per preparare i 2,35 mondiali. Proprio a Londra dove si trasforma e da sempre il meglio di sè dal 2012, quando a sorpresa conquista una medaglia olimpica. Una finale strana, comunque. La misura di 2,29 con la quale Ghazal vince il bronzo è la stessa con la quale Tamberi è stato eliminato in qualifica. I 1500 sono come da copione un campionato nazionale keniano. Se lo aggiudica Manangoi sul compatriota Cheruiynot. Ingebrigsten è il viso pallido del podio. Lui norvegese di bronzo. E viene il tempo delle staffette. La 4x400 donne va agli Stati Uniti. Con la solita divina Allyson Felix alla terza medaglia dopo quelle d'oro nella 4x100 e di bronzo nei 400. La doppia invece la incamera la Bowie che con Francis e Hayes forma un quartetto da favola. Favole come quella di Trinidad Tobago. Oro tra gli uomini nella stessa gara con Solomon, Richards, Cedenio e Gordon. Niente doppietta nei 5000 per l'etiope Ayana che già ha conquistato i 10.000 e pregustava il double. Invece la corsa le viene male fin dall'attacco di Almaz. Obiri resiste poi saluta e se ne va. Vince la keniana davanti ad Ayana e l'intrusa olandese Hassan. Gli 800 invece eleggono la regina indiscussa: è Caster Semenya, la sudafricana al terzo centro mondiale dopo quelli del 2009 e 2011 agguanta nel guinnes la leggendaria Maria Mutola. Caster mette tutte in fila sul doppio giro, esce dall'ultima curva e si stacca in retta. Per il momento tutto perfetto, non fosse che la Iaaf chiederà al Tas di reintrodurre le regole sul limite di testosterone femminile. Per gli atleti intersex si preannuncia un autunno caldissimo.
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