Dopo l'Italia, la Francia. Dopo il Giro, il Tour: il ciclismo di questa estate rovente ha un solo nome. E' quello di Tadej Pogacar, a cronometro, in pianura in salita. Oggi si è arrampicato sul Plateau de Beille ad un ritmo mostruoso battendo tra l'altro anche il record di Marco Pantani. Encomibale anche la resistenza di Vingegaard, che addirittura prova anche un disperato assalto all'arma bianca. Disinnescato, ripreso e saltato come una sagoma dal re che se ne va tutto solo e apparentemente senza sforzo come fosse una passeggiata domenicale. Il danese che aveva provato agli 11 chilometri a darsi una chance, al darla al suo Tour e a quelli che lo vogliono incerto, si arrende. Si risiede e guarda la maglia gialla staccarsi in avanti. Implacabile, leggera, potente, imprendibile. Ha vinto la tappa, Pogacar, per il Tour pare ormai sia solo una questione di tempo. Quel briciolo d'Italia sbiadita e stritolata, la tiene in vita il solito Giulio Ciccone. Combattente senza paura. Oggi prende 6'29'' dall'imperatore. Ma con i distacchi che vanno, resiste in top 10. E' ottavo in una generale che sembra ormai un monumento ai caduti.