L’ultimo dei Mohicani se n’è andato verso sera di una domenica di campionato. Se n’è andato fiaccato nel fisico da una malattia che negli ultimi tempi lo aveva costretto ad una serie di ricoveri. L’Edmeo ha smesso di lottare a maggio quando è mancata la signora Anna, compagna di una vita, che di lì in poi non aveva più senso. Dal calcio, il Pres, aveva staccato nel 2002 per manifesta incompatibilità con i tempi. Se l’unità di misura del successo è la disinvoltura con la quale si stracciano i contratti, che posto ci può essere per chi viaggiava ancora a strette di mano? Ventidue anni di Presidenza con tanta A e tanta B, con una retrocessione in C1 che viveva ancora come una vergogna personale. Non era l’uomo giusto per i parrucconi. Ventidue anni di rapporti umani unici, di interviste irripetibili, di romagnolissime offese sanate sempre con una pacca sulle spalle. Nemico di ogni arbitro che insultava con frasi irripetibili per i 90 minuti di partita e con il quale poi era pronto a scherzare a bocce ferme. Impagabile nella sua semplicità, il repubblicanissimo Edmeo guardava a sinistra ma dava del tu a Berlusconi “non ti voterò mai” e chiamava Galliani per farsi attivare una smart card. Preferiva i giornali e le Tv locali perché “a casa tua sanno chi sei”. Imprenditore del ramo ortofrutticolo, nipote del mitico Dino Manuzzi, sapeva che inciampando sull’italiano avrebbe provocato ilarità, ma non si sottraeva. “Mi basta - diceva - essere apprezzato per la persona per bene che sono” dettando quasi l’ultima riga della sua storia. E così lo ricordiamo. Se n’è andata una persona per bene.
Roberto Chiesa
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