A distanza di 55 anni resta ancora vivo il ricordo di Fausto Coppi, che moriva per malaria nel 1960
Il 2 gennaio è una data indimenticabile per gli amanti del ciclismo. E' il giorno in cui si è fermato il tempo, lo sportivo è diventato mito, il campionissimo, leggenda. 55 anni fa moriva Fausto Coppi, uno dei ciclisti più amati della storia di questo sport. L'omino con le ruote, lo ricorda Gino Paoli in una canzone, muore per malaria la mattina del 2 gennaio del 1960. A più di mezzo secolo dalla sua scomparsa il ricordo di Fausto Coppi resta indelebile nella memoria di quelli che da bambini l'hanno tifato sulle strade del Giro o del Tour, sulle salite del Pordoi e del Ghisallo. Uno sportivo moderno già ai suoi tempi, attualissimo oggi, per quella attitudine a far parlare di sè anche lontano dalle corse. Indimenticabile la rivalità con Gino Bartali, capace di accendere i cuori dei tifosi e fare del ciclismo lo sport per eccellenza in un momento in cui l'Italia e gli italiani aveva bisogno di speranza. Un corridore completo, passista, ottimo scalatore e buon velocista, un atleta perfetto che è riuscito a vincere tutto in ogni tipo di competizione. Cinque volte il Giro d'Italia, due il Tour de France, è stato il primo ciclista a vincere le due più importanti gare a tappe nello stesso anno. Poi il Lombardia, la Milano-Sanremo, la Parigi-Roubaix e la Freccia Vallone. Campione del mondo d'inseguimento nel '47 e '49, il mondiale professionisti nel 1953. Quello che si poteva vincere Fausto Coppi lo ha vinto. Un mito eterno, destinato a rimanere nel tempo come uno dei più grandi di sempre ancora a 55 anni da quel 2 gennaio. Cinquantamila sul colle di San Biagio seguirono il funerale del "Campionissimo", ancora oggi in centinaia si sono ritrovati a Castellania, nel Tortonese, per ricordare la morte di Fausto Coppi.
Elia Gorini
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