Torna a parlare Alex Schwazer. Dopo essersi messo alle spalle - o almeno aver tentato di farlo - l'episodio doping alle Olimpiadi di Londra, l'olimpionico di Atene che oggi studia Economia ad Innsbruck torna sulla vicenda: "Se un atleta italiano decide di doparsi non lo fa per avere un vantaggio sui concorrenti, bensì per correre alla pari".
L’episodio si riferisce all’agosto di un anno fa, quando il marciatore era impegnato al Mondiale per la 20 kilometri, chiusa al nono posto. In quell’occasione qualche atleta straniero – rientrati da una squalifica per doping e che in gara sono andati particolarmente bene – si sarebbero rivolti a Schwazer in questi termini: “Schwazer Italia 3 ore e 36 minuti, Schwazer Russia 3 ore e 30 minuti”. Ergo: il tempo onesto contrapposto a quello “dopato”.
Alex la vede come un messaggio diretto, senza giri di parole: “Stupido”. Da allora la storia che ci porta ad oggi.
"Ci si sente presi in giro. Se uno qua da noi si dopa non è perché vuole avere un vantaggio, ma perché vuole finalmente gareggiare alla pari. Non è facile dover gareggiare contro atleti nei confronti dei quali c'è tanto sospetto. Nessuno dà uno sguardo al di là dell'Italia, dove l'antidoping non esiste".
Luca Pelliccioni
L’episodio si riferisce all’agosto di un anno fa, quando il marciatore era impegnato al Mondiale per la 20 kilometri, chiusa al nono posto. In quell’occasione qualche atleta straniero – rientrati da una squalifica per doping e che in gara sono andati particolarmente bene – si sarebbero rivolti a Schwazer in questi termini: “Schwazer Italia 3 ore e 36 minuti, Schwazer Russia 3 ore e 30 minuti”. Ergo: il tempo onesto contrapposto a quello “dopato”.
Alex la vede come un messaggio diretto, senza giri di parole: “Stupido”. Da allora la storia che ci porta ad oggi.
"Ci si sente presi in giro. Se uno qua da noi si dopa non è perché vuole avere un vantaggio, ma perché vuole finalmente gareggiare alla pari. Non è facile dover gareggiare contro atleti nei confronti dei quali c'è tanto sospetto. Nessuno dà uno sguardo al di là dell'Italia, dove l'antidoping non esiste".
Luca Pelliccioni
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