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E' morto Minà: amico degli ultimi, ha raccontato i più grandi

di Roberto Chiesa
28 mar 2023

E' morto Gianni Minà. E' morto uno degli ultimi, come amava definirsi, in relazione a alle carezze che distribuiva volentieri appunto agli ultimi. Guardava il mondo convintamente da sinistra e rifletteva con il sorriso sincero e malinconico del sole di Cuba tutti i valori che abitano da quella parte lì. E' stato uno degli ultimi, vero. Ma uno degli ultimi grandi. Giornalista cuore granata formato alla palestra di TuttoSport che poi negli anni ha anche diretto, Gianni Minà ha scritto, innovato, pensato. Sempre avanti come quando con Arbore e Barendson ha firmato "L'altra domenica" e inventato un nuovo modo di fare tv.

Scanzonato e scapigliato, non banale. Sapeva sorridere e trascinare nel racconto. Ha ospitato nei suoi programmi tutti i più grandi del secolo che fu. Da Eduardo a Fellini, da Ferrari a Tognazzi. E quell'intervista a Nelson Mandela per tre volte accordata e per tre volte rinviata senza un motivo che ancora raccontava e viveva come una ferita aperta. E l'espulsione dall'Argentina per le troppe domande sulle madri piangenti di Plaza de Mayo, fino al documentario montato dopo un'intervista di 16 ore a Fidel Castro. La più lunga mai concessa dal Lider Maximo. Ha confessato Maradona, Pantani e Cassius Clay. Ha raccontato Ray Charles, Pino Daniele, Massimo Troisi, si è commosso coi testi di Chico Buarque de Hollanda e insegnato un modo sincero, ma delicato di fare il mestiere. Non ha nascosto le idee, ha preso posizione, ed è stato soprattutto attento ad alzare le voci spente dal mainstream. Il suo modo di esser libero è stato quello di fare di credibilità virtù.  





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