La famiglia pensa all'azione legale
Secondo il medico legale della famiglia la presenza del defibrillatore nel palasport avrebbe potuto salvare la vita dell'ex azzurro, ucciso da una "trombosi dell'arteria coronarica discendente destra, trasformatasi in fibrillazione".
Invece il defibrillatore si trovava sull'autoambulanza e quindi "i soccorsi non sono stati adeguati". Per quanto riguarda il defibrillatore, al tempo della morte di Bovolenta non era ancora obbligatorio averlo in campo. Secondo quanto risulta all'avvocato Mattioli la trombosi sarebbe stata causata da una "malattia arteriosclerotica molto precoce che Bovolenta poteva avere anche da anni". Da qui la conclusione del legale, e cioè che la malattia poteva essere diagnosticata per tempo. La famiglia pertanto potrebbe chiedere alla federazione chiarimenti sulla rigorosità con cui vengono eseguiti i controlli sugli atleti.