Non fosse il giorno di Schumacher, sarebbe quello di Raikkonen, che vince il Gran Premio del Belgio rompendo un digiuno ormai eterno. Per lui, ormai ex ragazzo prodigio e per la sua Mc Laren, una nobile decaduta. Raikkonen si gode il successo e si lecca le ferite di una carriera che certo non aveva immaginato così. Sulla pista di Spa Francochamps è un po’ come giocare all’autoscontro: alla fine chi ha fatto più chilometri è la safety car, subito in pista al pronti via. Bruni, Pantano, Sato e Weber fanno il cosiddetto cartoccio, da una Minardi esce anche una lingua di fuoco: nessun danno, un po’ di paura e tutto il resto della truppa disciplinatamente in fila dietro alla safety car. Dodici giri appena e Fernando Alonso, ancora in testa, litiga con la sua Renault: un paio di testacoda e la corsa finisce lì. Pochi chilometri in più per Coulthard finito a passo d’uomo con la gomma posteriore destra a brandelli. Altro giro di safety car al giro 37: è la gomma di Montoya ad arrendersi. Poi ancora safety a dirimere e disciplinare un traffico da controesodo al 39esimo giro. Coulthard e Klein si tamponano. Poi Raikkonen sul traguardo e quel pugnetto stretto alzato al cielo e anche in faccia al destino che colpisce chi non guida una Ferrari ed è quindi quasi sempre costretto a rodersi il fegato.
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