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I 70 anni di Panatta, è stato il tennis italiano

di Roberto Chiesa
9 lug 2020

Quella di Adriano Panatta è una storia nata 70 anni fa, lui figlio di Ascenzio storico custode del circolo Parioli. E' cominciata su quei campi polverosi e in terra rossa la leggenda di colui che forse non è stato il più forte, ma semplicemente è stato il tennis italiano degli anni '70. Morbido, solare, mediterraneo. Decisivo nell'introdurre la frustata di polso nella volée alta, spalle alla rete, gesto tecnico derubricato da Rino Tommasi come "veronica". Ha inchiodato gli italiani e le italiane davanti al televisore improvvisamente e rispettivamente appassionati e pazze per uno sport fino ad allora considerato passatempo per pochi. Adriano giocava, si divertiva, vinceva. Guadagnava. "Pinochet sanguinario, Panatta milionario" gli urlavano quelli che non volevano che l'Italia volasse a Santiago a vincere la sua unica Coppa Davis. Era il 1976, era un altro mondo. E Adriano a Santiago ci andò e vinse pur collocandosi sempre a sinistra perchè sport e politica vanno bene insieme purchè i binari restino paralleli. Non c'è un apparecchio in grado di dare una cifra al talento e se i paragoni valgono e trascendono le epoche, allora Panatta è stato Laver e Ashe, Nastase e Federer. Gianni Clerici nella sua opera omnia gli riconosce "lampi di divinità". Protagonista quando di là dalla rete c'era roba di prima, l'orso Borg, gli iracondi Connors e McEnroe, Orantes, Ramirez e anche lo strampalatissimo Vitas Gerulaitis. Trionfi e cuori infranti: tra compagne e flirt attribuiti Loredana Bertè e Novella Calligaris, Serena Grandi e Clarissa Burt e 3 figli con la moglie Rosaria. Conquiste memorabili e anche memorabili sconfitte. E col tempo che passa testimonial, imprenditore, pilota di off shore, capitano di Coppa Davis, opinionista e gentleman di golf. Oggi Panatta ha 70 anni e ogni giorno si alza nella sua Roma per fare essenzialmente quello che gli va.


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