Correva l'anno 1876. Per la precisione il 25 maggio. Otto corridori in gara e in 10mila ad applaudire. Questa era l'Italia della seconda rivoluzione industriale in quell'asse di acciaio che collegava i grandi centri manifatturieri del Nord. Milano e Torino. MiTo. Così, 144 anni dopo, si è corsa la 101esima edizione della gara più nobile e antica del panorama ciclistico italiano.
198 chilometri da Mesero, appena fuori Milano, a Stupinigi, alle porte di Torino, antica residenza di caccia della casa Savoia.
Senza pubblico alla partenza e all'arrivo a causa delle limitazioni imposte per via del Covid-19, in due regioni, Piemonte e Lombardia, particolarmente colpite dal virus.
Una corsa completamente dedicata ai velocisti, senza la salita di Superga e con un colpo d'occhio micidiale tra infinite pianure. La Lomellina. Il Monferrato. Le ruote veloci più forti c'erano tutte: Gaviria, Ewan, Bennett, Demare e Bouhanni. Con l'aggiunta del 3 volte campione del mondo Peter Sagan e dei turbodiesel nordici Gilbert, Van Aert e Van der Poel.
Sotto un sole cocente la fuga parte subito nei primi chilometri con sei uomini. Fuggitivi che arrivano a guadagnare 3 minuti di vantaggio fin quando le squadre dei velocisti non iniziano a tirare il plotone. Tra i più attivi il siciliano Vincenzo Nibali.
Boaro è l'ultimo della fuga a rialzarsi, ripreso dal gruppo ai meno sei, proprio quando uno spartitraffico fatale provoca una brutta caduta intorno alla 40esima posizione. Poi le spallate, le spinte e le strategie dei treni a lanciare la volata regale.
La Groupama lavora sontuosamente e tutti cercano le ruote di Arnaud Demare che trionfa scavalcando Ewan e Van Aert.
Ed è una vittoria pesante per il francese in vista della classicissima. Quella Milano-Sanremo che Demare ha già fatto sua nel 2016.