Se qualcosa è mancato, beh, è stato il pathos. Perché mai Pallone d’Oro fu più annunciato e obiettivamente mai più meritato. Lionel Messi fa tris e affianca Michel Platini nel numero di riconoscimenti ma la pulce argentina è così giovane che c’è da giurare non si fermi qui. Vince e stravince davanti al compagno di squadra Xavi e al rivale madri lista Cristiano Ronaldo. Come dire che il calcio vero è in Spagna, il resto è contorno senza sale. Anche perché l’award al tecnico più bravo va allo stratitolato Joseph Guardiola, detto Pep, che batte un altro dio pagano del calcio. Josè Mourinho, che neanche a dirlo allena in Spagna. L’unica intrusione viene d’oltremanica e porta con sé un mito: è quello di Sir Alex Ferguson, splendido settantenne, oltre venti dei quali trascorsi sulla panchina del primo club di Manchester. Si consola con un premio alla carriera. Dal gol più bello, intitolato alla memoria di Puskas, l’unica mezza sorpresa. Vince il talentino del Santos Neymar. C’è gloria anche per la piccola Italia attraverso quello che è diventato un simbolo del calcio pulito. L’egubino Farina, piedacci dispari al cospetto di tanta classe, è in platea invitato da Blatter. Con la sua denuncia di tentata combine ha dato il via alla seconda parte dell’inchiesta Last Bet. Da ieri è ambasciatore Fifa. La bella favola di chi può diventare un campione anche giocando malino.
Roberto Chiesa
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