Nataša Kova?evi?: il mio basket dopo l'amputazione della gamba

Quella di Nataša Kova?evi? è una storia di sport e di vita: astro nascente della pallacanestro femminile serba ed europea, firma uno dei suoi primi contratti professionisti con un team di Gyor, appena 19enne, per disputare la sua prima stagione nella massima competizione europea per club. Era il 7 settembre del 2013 quando Nataša e compagne - a Gyor - stavano viaggiando per raggiungere il palazzetto che avrebbe dovuto ospitare la loro partita. L'autobus, in quel palazzetto, non ci sarebbe mai arrivato. Un terribile incidente stradale, che si è portato via Peter Tapodi e Fuzy Akos, che di quella squadra erano dirigente ed allenatore. Nel sinistro, Nataša subì l'amputazione della gamba sinistra all'altezza del ginocchio.

"Al momento dell'incidente ero a Gyor, in Ungheria, dove avrei dovuto giocare la mia prima stagione in Eurolega. Sfortunatamente però, durante una trasferta, il nostro autobus fu coinvolto in un sinistro e persi parte della mia gamba sinistra".

La situazione apparse subito molto grave e Nataša si rese immediatamente conto di aver perso la gamba tra quelle lamiere.

"Per prima cosa pensai: . Da quel momento ho cercato di essere positiva, ed anche grazie alla vicinanza di famiglia ed amici sono riuscita a tornare ancora a giocare a pallacanestro".

E non pallacanestro paralimpica, bensì torno a giocare - appena due anni più tardi, l'11 novembre 2015 - una partita tra normodotate, segnando pure 5 punti in 15 minuti nel successo per 78-47 della sua Stella Rossa nei confronti dello Student Nis:

"É difficile dire cosa abbia provato nel tornare in campo, mi sono sempre sentita parte di questo sport e ti direi che non è cambiato nulla in 26 mesi. Non ho pensato troppo ai due anni spesi nella riabilitazione, ma semplicemente mi son detta: . Quello che posso dire è che sono orgogliosa di vestire la casacca della Stella Rossa, poi qualche giorno più tardi abbiamo anche vinto la Coppa di Serbia, che è stata un'emozione fantastica. Speriamo di continuare così anche ai play-off".

Nulla è cambiato per Nataša e nulla la porta a ritenersi un simbolo, un'icona, per il suo particolare vissuto:

"Non credo di essere un'icona per quel che mi è successo, ma la stessa persona che ero prima dell'incidente e non mi piace immaginarmi in quei termini. Voglio solo continuare a vivere la mia vita secondo le mie regole senza soffermarmi troppo su quel che gli altri possano dire di me. Talvolta qualche bambino o bambina è venuto da me dicendomi di conoscere la mia storia e per questo di aver iniziato a giocare a basket; questo mi ha fatto capire che tutto quello che ho fatto aveva un senso ed è questa la sensazione più fantastica che ci sia".

Infine un messaggio per coloro che - per imbarazzo o vergogna - non riescono a superare questo genere di prove che la vita o il Fato possono presentare:

"Gli incidenti succedono e non c'è nulla di cui vergognarsi, penso che le persone debbano parlarne e più lo si fa, minore sarà il senso di imbarazzo. Tutte le persone sono uguali, il mio messaggio per tutte le persone che abbiano vissuto un'esperienza del genere è di restare positivi, e con l'appoggio di amici e famiglia sarete in grado di fare tutto ciò che vorrete".


Luca Pelliccioni

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