Pantani, vent'anni fa la vittoria del Tour che lo consegna al mito
È forse l'unica estate mondiale nella quale i ricordi degli italiani non vanno dritti dritti al pallone. Grazie a quello che, insieme a Roberto Baggio, è lo sportivo più malinconicamente iconico della storia recente del Bel Paese. Come il Divin Codino, Pantani è leggenda a prescindere dai titoli, ma il suo comunque ricco palmares non è all'altezza della sua classe sconfinata. A frenarlo sono stati la sfortuna, prima, e uno scandalo rivelatosi tardivamente fumo e complotti, poi.
In mezzo però c'è la perfetta estate del '98, due mesi precisi nei quali il Pirata si consegna al mito. Mentre l'Italia festeggia la repubblica, lui fa furore a Selva di Val Gardena e strappa la Rosa a Zulle, per non mollarla più. Tonkov prova a dargli fastidio, venendo marcato stretto sull'Alpe di Pampeago per poi essere maltrattato, il 4 giugno, a Plan di Montecampione. Pantani lo attacca ripetutamente e nei due km finali lo stacca di 1', facendo delle ultime due tappe una formalità.
Conquistato il Giro non si ferma e rilancia col Tour, suo vero capolavoro. Dopo 7 frazioni è a 5' da Ullrich, ridotti a 3' nei giorni seguenti grazie al secondo posto di Luchon e alla vittoria di Plateau de Beill. Poi, il 27 luglio, il colpo di classe che ne fa un mito. Mancano 50 km alla fine della 15ma tappa, il meteo è inclemente e Pantani s'invola sul terribile Col du Galibier, arrivando al traguardo da solo e 9' prima del tedesco, che gli consegna una gialla che difenderà fino ai Campi Elisi.
Pantani nel paradiso del ciclismo, che da lì in poi ha perso molta della sua magia. Da allora in pochi hanno tentato la doppietta, ma senza continuità e invano. Armstrong – lui sì, dopatissimo – Contador – che qualche spunto di classe l'aveva – e ora il robottino Froome, che pure ha vinto il Giro con una pantanata: tutti rispediti al mittente, tutti anni luce indietro rispetto all'ultimo dei bicampioni.
RM