Tutti a guardarsi da Cancellara, Sagan e dal detentore belga Gilbert, evidenziando la minaccia rappresentata dal team spagnolo, che per qualità complessive e affiatamento pareva non aver rivali, tutti a cullare il sogno chiamato Vincenzo Nibali, detentore del Giro e secondo alla Vuelta. Ma alla fine, come nei migliori gialli, l'occhio di bue stringe sul maggiordomo. Quello di turno, che anziché le accuse si prende l'alloro, è il lusitano Rui Costa. Da oggi in Portogallo, quel nome, potrà essere accostato con onore anche al ciclismo. Gara fortemente influenzata dalla pioggia fin dalla partenza da Lucca in direzione Firenze, dove il circuito da ripetersi dieci volte tra il Duomo e l'impervia salita verso Fiesole – fino al 9% di pendenza – ha premiato l'outsider di turno. Sfortunata l'Italia, ingenua la Spagna. Nel team azzurro Nibali cade, si rialza, rimonta e non va oltre la quarta posizione. Nel gruppetto per il titolo c'erano anche Purito Rodriguez, Valverde e il neo campione del mondo Rui Costa. Proprio suo l'ultimo affondo, quello decisivo. E ancora una volta la tattica troppo attendista di Valverde risulta fatale all'uomo di punta spagnolo, che si preoccupa più della reazione di Nibali che dell'attacco del lusitano, che sarà poi risolutivo. Non si chiude il cerchio azzurro iniziato a Verona nel 2008, quando in casa trionfò Ballan, l'ultimo ad alzare uno dei diciannove titoli iridati azzurri. A distanza di cinque anni la speranza identificata in Vincenzo Nibali si è dissolta in una nube d'acqua che ha inghiottito le ambizioni azzurre, fuori dal podio di un mondiale casalingo in cui risiedevano le speranze di un popolo sportivo rimasto a bocca asciutta, almeno quella. Si consoleranno i tifosi della Fiorentina, che in attesa del posticipo di lunedì contro il Parma, possono applaudire un nuovo Rui Costa. E per giunta campione del mondo.
Luca Pelliccioni
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