È morto la mattina di 60 anni fa, con un colpo di tosse come un malato qualunque. Fausto Coppi "rapito al cielo al pari degli eroi che non possono vivere al nostro mediocre livello". Non si può dire del Campionissimo senza citare Brera. Non l'avevano steso i tanti infortuni, i lutti, la vita privata chiacchieratissima e non l'aveva stroncato nemmeno la guerra. Si è arreso a poco più di quarant'anni ad una febbre malarica incredibilmente non diagnosticata. Era il 1960, oggi Coppi sarebbe morto di malasanità. Da quel giorno invece vive nel culto della memoria, il ciclismo avrà un prima e un dopo. La sua rivalità con Bartali per raccontare la quale Dino Buzzati scomodava gli antichi, ha riportato l'Italia al tempo di Guelfi e Ghibellini. Accesa da una fuga di 192 chilometri nella tappa Cuneo Pinerolo che lo portò al traguardo 12 minuti prima di Ginettaccio. La frase "Un uomo solo comando..." con la quale Mario Ferretti aprì il collegamento radio dal Giro d'Italia consegnò alla leggenda anche chi l'ha pronunciata.
Un po' di numeri che aiutano, ma non comprendono la grandezza: 5 Giri, 2 Tour, un Mondiale, 3 Sanremo, 1 Roubaix, 5 Lombardia, una Freccia Vallone, 4 Tricolori, 31 giorni in rosa al Giro e il resto mancia perchè le altre vittorie dall'Emilia al Veneto alla Tre Valli Varesine alle Kermesse non le contiamo. Figlio di contadini i e garzone di salumeria era salito in alto faticando in bicicletta. Era là il riscatto per milioni di italiani distrutti dalla guerra, c'era in sol uomo tutta la sinistra che sognava Gaber. Duellava col cattolico Bartali, più devoto ai riti popolari. E quando in francesi gli storpiarono il nome in "Fostò", fu chiaro a tutti il passaggio nell'immortalità.