TENNIS

Sinner e la positività al doping: le ragioni della mancata squalifica

Le quantità infinitesimali di clostebol rilevate dai test hanno convinto il tribunale indipendente che l'ha giudicato della veridicità della sua versione, secondo la quale sarebbe stato contaminato da un fisioterapista durante i massaggi di rito.

In attesa di cominciare lo US Open da n°1 del mondo e del tabellone, Jannik Sinner sembra aver risolto del tutto, e positivamente, la questione della sua positività al doping. O meglio, quasi del tutto: perché l'assoluzione sia definitiva bisogna aspettare il 6 settembre, termine ultimo entro il quale le agenzie antidoping mondiale e italiana, la Wada e la Nado, possono presentare ricorso. La sentenza del tribunale indipendente nominato da Sport Resolutions, società privata che supervisiona i casi di doping, ha riconosciuto l'involontarietà dell'assunzione della sostanza dopante.

Avvenuta nel corso del torneo di Indian Wells, dove l'azzurro cedette in semifinale ad Alcaraz. Nei giorni precedenti e successivi a quella partita – il 10 e il 18 marzo – Sinner venne sottoposto a due test antidoping ed entrambi rilevarono una positività al clostebol, uno steroide anabolizzante vietato. Da protocollo seguirono due sospensioni – nel mese di aprile – immediatamente revocate in quanto il tennista fece appello d'urgenza a Sport Resolutions.

I giudici hanno ritenuto credibili, plausibili e veritiere le spiegazioni fornite da Sinner: stando a queste, durante Indian Wells uno dei fisioterapisti del tennista si sarebbe curato una ferita alla mano con uno spray contenente anche il clostebol, senza controllare le avvertenze. Un trattamento durato giorni, nel corso dei quali ha poi effettuato diversi massaggi a mani nude – alcuni anche di oltre un'ora – a Sinner, che a sua volta aveva ferite aperte.

Ricostruzione convincente in primis per gli esperti chiamati in causa, soprattutto per la quantità infinitesimale di clostebol rinvenuta nei campioni. Tale, secondo la commissione medica, “da poter essere ottenuta da un'effettiva contaminazione da un altro corpo. Inoltre – aggiungono i medici – anche se la somministrazione fosse stata intenzionale, il suo ammontare non avrebbe avuto alcun effetto dopante, perché non avrebbe aiutato il giocatore a migliorare la sua performance: per questo non c'è un'evidenza a sostenere qualsiasi altro scenario".

Niente colpa o negligenza, dunque niente squalifica. Resta però la responsabilità oggettiva per la negligenza del suo team: motivo per cui Sinner perde i 400 punti ATP e il montepremi guadagnati a Indian Wells, sanzione che l'azzurro, che ha collaborato attivamente durante l'indagine, ha accettato.

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